Alvaro Soler ha debuttato sul mercato discografico con un solo album, Eterno Agosto, ma a noi italiani sembra di averlo avuto sempre nelle orecchie. “Sofia”, “El Mismo Sol” e ora “La Cintura” sono dei classici estivi ormai. E alla vigilia del lancio sul mercato, venerdì 7 settembre 2018, del nuovo disco “Mar De Colores” il cantante ci ha parlato della sua vita e carriera, giunta all’importante traguardo del secondo disco completo.
Che colore predomina in “Mar de Colores”?
«Non c’è un colore più forte dell’altro, alla fine abbiamo scelto un mix partendo dal colore primario. Ci sono diverse emozioni, ed è quella la cosa bella. Per me è sempre stato così, parlo tante lingue ma nessuna bene, so fare un sacco di cose ma nessuna eccellente. La mia vita è varia».
Cos’è il tormentone per te?
«Sono canzoni che hanno un legame molto forte con le persone. Sono delle colonne sonore tra le esperienze delle persone. La Tortura di Shakira e Alejandro Sanz per me è stato un ricordo bellissimo di quando abitavo in Giappone, ha un legame emozionale per me perché era l’unico momento in cui sentivo la mia lingua in un paese lontano».
Che spirito ha il secondo album di Alvaro Soler?
«Penso che sia un’evoluzione, naturale anche perché il primo album è stato un esperimento fatto a Berlino, peraltro in spagnolo e nessuno si aspettava questo successo. Sicuramente avevamo fatto qualcosa di bello ma non puoi prevederlo, avevamo gettato le basi della casa e ora abbiamo l’opportunità, io e il mio team, di costruirla questa casa. Che è la parte egualmente importante, perché è il posto dove vivremo».
Che pressione hai a scrivere sempre cose nuove e di successo?
«È una cosa bella andare a fare un disco non dicendo “questa è la linea”, ma è libertà di sperimentare, ho incluso suoni più alternativi, per la prima volta ho preso coraggio e tante idee sono state incorporate nel mio mondo. La pressione è comunque gradevole, le canzoni sono molto diverse in questo disco. Credo sia più maturo specie nei testi. Spero che la gente voglia ascoltarlo aldilà dei singoli che usciranno per radio».
Sei il cantante della felicità, ti pesa questa etichetta?
«Le canzoni che ti portano giù hanno comunque una funzione, perché non ti fanno sentire solo. Ma la gioia che porta la musica alle persone è la cosa più bella, quindi sono contento di essere identificato con questa parte del mio repertorio. Ma in questo disco ho messo anche dei momenti riflessivi».
Cosa è necessario nella musica?
«La condivisione, l’inclusione e far divertire tante persone diverse con la stessa melodia. Credo che questo sia il mio mondo, la mia missione che ho avuto sempre in testa. Io sono quello che fa il lavoro di chi rallegra, perché abbiamo già tanti problemi».
Come è andata con Tini, con la quale duetti nella nuova versione de “La Cintura”?
«È davvero molto giovane, per la prima volta mi sono sentito “grande” e mi ha fatto sorridere. Ovviamente gli americani hanno un lifestyle molto diverso ma noi siamo due latini e ci siamo capiti di più. Il suo ragazzo andava all’università con la mia ragazza, è stato divertente scoprirlo».
Ti piace duettare?
«Non si sa mai cosa può aggiungere un duetto. In Italia è successa una cosa strana con Jennifer Lopez quando è uscito il duetto per El Mismo Sol, era già bruciata per radio la canzone originaria, ma è andata bene all’estero. Questa volta è stata un’opportunità di farlo, visto che c’è un’apertura maggiore grazie a Justin Bieber. Lui è stato quello che ha incorporato lo spagnolo nel mainstream, normalmente i grandi paesi hanno un atteggiamento protettivo, non hanno bisogno di altra musica. Ma quest’anno c’è stata apertura e abbiamo fatto anche il remix con Flo Rida».
Cosa ti manca di Milano?
«Se mi chiedessero di rifare X Factor ci penserei perché è stata un’esperienza positiva e ho vissuto una bella routine in questa città, oltre all’affiatamento con tutto il team. Non so niente dell’edizione che deve venire, ma se riuscissi a incastrare gli impegni per un futuro, non lo escludo. Mi manca anche il barbiere di Milano, devo essere sincero. Ho provato un paio di volte a tagliarmi i capelli a Berlino ma lì non sono proprio abituati a tagliare i capelli folti, incredibile, non sanno farlo. E quando esco dal barbiere lì sembro un tedesco».