Antonio Petrachi, in arte Treble Lu Professore, è un musicista, autore, produttore, fondatore del gruppo salentino Sud Sound System. Dopo una ventennale esperienza a guida del gruppo salentino porta avanti un progettomusicale, Terra mia, che mette in evidenza il suo interesse per la propria terra e per tutte le forme di cultura e tradizione legate alla Puglia.
Dalla musica d’autore italiana, svincolandoti dal reggae che ha caratterizzato larga parte della tua carriera, hai realizzato il tuo nuovo album “TerraMia”. Un omaggio alla terra di Puglia. Non sei nuovo a palesare il tuo amore per la Puglia, anche con i Sud Sound System in molti brani avete rivendicato il forte senso di appartenenza ad una terra bellissima, ricca di tradizioni musicali eppure piena di difficoltà. Cosa pensi della tua regione?
«Una terra dolce e amara, una terra che sta evidenziando in modo netto le due facce della medaglia: da un lato grandi potenzialità, alcune concretizzate, come le ferventi proposte artistiche e musicali in tutti i generi, lo sviluppo turistico, che pur tra mille difficoltà, diventa la risorsa più importante; dall’altro lato attività lecite o illecite che deprimono il territorio, unitamente a scarsa o ” falsa” attenzione alle peculiarità paesaggistiche e culturali del nostro territorio.»
Sei per creare una nuova canzone pugliese infatti nel disco ci sono molte collaborazioni con artisti giovani della Puglia. Ci spieghi come pensi di creare questo young music power of Puglia?
«Non una nuova canzone pugliese, ma una nuova canzone d’autore pugliese e di stampo mediterraneo, dove le influenze della musica del mondo vengano contestualizzate; dove ci sia una particolare attenzione ai testi, concreti, che parlano della realtà che stiamo vivendo, analisi e proposte, una musica che abbia valore sociale, che aumenti la consapevolezza sulle necessità della comunità: ecco una nuova canzone d’autore pugliese al servizio della comunità. In molti generi musicali, artisti salentini e pugliesi sono importanti punti di riferimento per i giovani, lavorando di più sui contenuti musicali e dei testi si può contribuire a rafforzare il sentimento di Comunità, unita nell’affrontare i pericoli e le barriere (malaffare, disonestà, mala politica, mafia) che attentano allo sviluppo armonico e sostenibile del Territorio. I giovani con la musica diventano antenne ricetrasmittenti dei valori che continuano nel tempo e superano le generazioni, quei valori che ci permettono di sentirci radicati, rispettosi della Casa Madre Terra e di tutti i nostri fratelli che la abitano.»
Tredici brani carichi di forti significati penso a L’arte è l’unica, La resa dei conti, Parassiti e vampiri, I padroni ma anche con una forte consapevolezza come Ora so. Da dove hai tratto l’ispirazione per i tuoi brani?
«Cerco solo di attuare quello che penso. Le parole assumono il loro vero e unico valore solo quando diventano fatti, i progetti devono essere sperimentati, la musica per me è il più potente mezzo di comunicazione, non può veicolare messaggi che non siano al servizio della comunità. Rifletto sulle contingenze, mi immergo nel sentirmi figlio di questa Terra e lascio affiorare i sentimenti di rivalsa, riscatto, amore per il territorio e le sue originarie espressioni culturali, odio per i vampiri e parassiti che sfruttano le potenzialità per i propri fini. Cerco di ascoltare le voci della terra, del mare, delle pietre. Provo ad amplificarne il suono attraverso la musica.»
Hai abbandonato il reggae, stile musicale utilizzato sempre per i tuoi Sud Sound System e ti sei affacciato a nuove sonorità, come è stato il passaggio?
«In realtà non ho abbandonato il reggae, solo che per i miei album il progetto musicale è quello di seguire un detto salentino, ma credo poi del mondo: “‘Mpara l’arte e mintila de parte”. Gli ascolti personali in tutti questi anni sono passati dal cantautorato degli anni settanta, alla psichedelia, al rock degli Who, a i Clash, Jam, Smiths, fino al reggae roots, al dub, all hip hop degli anni novanta. Spesso musicalmente mi sono ispirato a quelle canzoni che mi hanno lasciato dentro qualcosa di originale e intenso. Ora cerco l’originalità e l’intensità partendo dalla mia chitarra e la mia voce interiore.»
E i Sud Sound System fanno sempre parte della tua vita? Perché hai scelto questa strada per la seconda volta da solista?
«Le strade sono divise, credo addirittura che siano come due rette parallele.
L’esperienza insieme ai Sud Sound System era giunta ad una maturazione, quello che matura lo fa perché c’è già nel frutto acerbo: nulla che sia avvenuto per caso. Sinceramente provo ad essere coerente, quella coerenza presente nel frutto acerbo. La coerenza viene vissuta come un valore personale, un vestito che magari ogni tanto puoi togliere… O forse anche cambiarlo e dargli un altro aspetto. Chi può giudicare chi o cosa da un solo punto di vista? La visione parziale permette di interpretare tutto con un bianco o con un nero, esaltando gli opposti; credo nel valore della complementarietà, così oggi la mia esperienza da solista rispetto quella degli altri componenti dei Sud Sound System è complementare.»
Il mare, il sole, il vento sono sempre la base della tua musica?
«Vivo tutto l’anno in una marina del Salento, esposta al sole d’Oriente, battuta dalla Tramontana e dal Libeccio.»
Mi racconti in poche parole il senso di “TerraMia”, come singolo e come album ovviamente?
«La Puglia intera in questi ultimi anni sta subendo incredibili “attacchi” deprimenti, molti di questi affondano le radici in tempi lontani. La distruzione del litorale brindisino con Cerano, la distruzione del litorale tarantino la cui bellezza è stata cancellata dall’immaginario collettivo, la vicenda della Xylella, dei veleni della Mafia, le trivelle e i gasdotti. Insomma di cosa stiamo parlando, dobbiamo davvero tacere? E subire? Tutti quelli che in un modo o in un altro intendono contribuire alla difesa strenua e ad oltranza del territorio non possono essere addirittura accusati di criminalità. Riflettiamo bene, perché le divisioni fanno parte del gioco di chi “attacca”.
TerraMia parla di questo, la nostra terra è terreno fertile per Mafia, baronato, politici falsi e corrotti. Ci convincono che la parte onesta, i lavoratori apuli, non esistano, o siano flemmatici, incapaci di reagire. Non è così! C’è solo un velo da strappare, tutti ci stiamo rendendo conto di questo velo che ha offuscato la vista fino ad ora. La musica può dare una mano a squarciarlo, il coraggio lo si può trovare nella musica, la musica non deve fare altro: liberarci… Dal velo! TerraMia è un contributo, attendiamo gli altri.»
Il modo di fare musica sta subendo molte trasformazioni, basti pensare al successo dei talent show. Tu come pensi che un giovane debba approcciare alla musica?
«Ascoltare dal punto di vista compositivo la propria coscienza, credere nel valore della pratica e dello studio,fottersene delle logiche di mercato, ascoltare musica dell’epoca predigitale e pre network sociali, pensare e rispettare il fatto che la musica sia un potente mezzo di comunicazione e liberazione, per sé e per gli altri.
Cercare un maestro e diventarne allievo.»
Come sono stati i tuoi esordi?
«Bellissimi, magici, sofferti. Con I Sud pensavamo di fare una rivoluzione musicale nel Salento, portando una musica che veniva da lontano ed unendola ad un dialetto ancora vivo, dedicando la nostra musica ad una terra che stava soffrendo tra Droga assassina, omicidi di sacra corona unita, caporalato, disoccupazione. E’ stato difficile ed entusiasmante, ogni barriera che abbiamo incontrato sulla strada è stata sgretolata dalla consapevolezza del nostro modo di proporre musica. Il reggae ci ha permesso di capire che le nostre parole erano quelle di un popolo vivo. Quando abbiamo iniziato, la stessa parola Salento non veniva usata se non in ambienti accademici ed universitari. Infatti da qui vennero le prime attenzioni ufficiali verso il Sud Sound System. Ricercatori ed antropologi venivano a studiare le nostre feste, dove “rivedevano” la trance musicale che De Martino raccontava nei suoi studi sulle “tarantate” del Salento, ma la musica non era la pizzica, era il reggae, un ritmo d’oltreoceano! Archeologi e storici si chiedevano:” ma chi sono questi che nelle loro canzoni parlano di Salento, di Messapi, di radici culturali lontane?” Così negli anni abbiamo portato in giro un nome SALENTO, una terra SALENTO, un dialetto SALENTINO, una cultura SALENTINA,consapevole e ribelle. Abbiamo fatto conoscere a giornalisti e studiosi, registi, cantanti e produttori il Salento non solo con le canzoni, li abbiamo fatti venire letteralmente qui, nel Salento, promuovendo un territorio concretamente. La società del Lecce è arrivata a chiamare il suo sponsor SALENTO d’ AMARE, la musica tradizionale salentina ha trovato nuovo vigore, la Notte della Taranta ha preso il volo, il motto “Salentu, lu sule, lu mare luientu” è diventato internazionale.
Gli esordi sono stati magici.»
Mi sembra che il tuo percorso musicale sia stato sempre fatto dalla rivendicazione delle tue radici ma anche dalla denuncia delle difficoltà dei nostri tempi, vuoi proseguire su questa strada?
«Assolutamente sì, chissà quante volte l’ho sottolineato qui, repetitaiuvant!»