Danno proprio l’idea di divertirsi un sacco questi Kutso, la vera rivelazione tra le nuove proposte di Sanremo 2015. Arrivati al secondo posto con il brano Elisa, dopo il meritevole Giovanni Caccamo, i Kutso sono una band romana con una densa attività live da anni. Matteo Gabbianelli alla voce, Simone Bravi alla batteria, Luca Amendola al basso, Donatello Giorgi alla chitarra non sono riottosi a travestimenti e trovate sceniche esilaranti, ma sono principalmente dotati musicisti e grandi performer. Li abbiamo incontrati per farci spiegare tutto sul loro album Musica Per Persone Sensibili.
Da cosa nasce questo titolo così serio?
«Tutti in Italia, specie gli artisti, si sentono così seri e importanti…noi vogliamo toglierci le maschere e uscire dalle pose, non abbiamo volontà di essere provocatori o altro ma vogliamo solo superare gli atteggiamenti difensivi di tanti musicisti. Chi suona sembra sempre che abbia un dono particolare, noi vogliamo la normalità della festa, siamo sempre i primi a dire: non bisogna per forza piangere con una canzone. E quindi è ironico quel titolo.»
Siete una party band?
«A Sanremo abbiamo portato sul palco in due minuti e mezzo molte delle trovate sceniche che facciamo abitualmente nei concerti quindi in questo ci divertiamo. Vogliamo essere noi i direttori di una festa che però poi deve essere goduta da tutto il pubblico. Vogliamo partecipare con tutti dando la direzione.»
Con questo rapporto così diretto col vostro pubblico, dopo aver fatto show immensi come il Primo Maggio prima di Sanremo, non saprete che farvene dei social network…
«E invece noi, noi siamo figli dei social perché mettendo le foto dei nostri concerti la gente si è incuriosita e ci siamo creati un pubblico ben prima del festival. Poi ovviamente ora abbiamo 8mila like in più sulla nostra pagina Facebbok, e quello è l’effetto popolarità.»
Avete anche fatto da supporter a nomi grossi, come vi sentite a suonare con la luce, per così dire?
«Caparezza ha un pubblico molto misto e in parte simile al nostro e quindi ci siamo trovati benissimo. Lui è un grandissimo perfomer ed è riuscito a portare il suo show complesso e scenografico anche nei teatri di Miami o cose simili. E noi ci siamo divertiti a seguirlo in America. Secondo noi essere supporter è una condizione ottimale, non hai pressioni o aspettative e se te la giochi bene non puoi che uscirne vincente.»
Parlate di vari argomenti di attualità nei pezzi del disco, siete anche musicisti politici?
«Si può essere politici anche esprimendo degli obiettivi o inseguendo le proprie passioni. Non siamo per la protesta senza limiti e senza responsabilità ma in fondo, ascoltando la nostra musica qualche idea uno se la fa di come la pensiamo. Non vogliamo però usare il sociale per essere fighi.»
Quindi non volete essere fighi?
«Ma noi lo siamo già così come siamo. Non vogliamo essere retorici, questo è il punto.»
Il disco è prodotto da Alex Britti, come lo conoscete?
«Siamo parte di una scena romana da anni, anche se non facciamo la stessa musica. La sua famiglia conosce quella del nostro cantante e ci siamo avvicinati tra il 2006 e il 2009, facendo musica assieme, lavorando a dei pezzi che non abbiamo pubblicato. Poi quando abbiamo deciso di fare questo disco alcune idee di quelle session sono state recuperate. E quando poi l’etichetta di Alex Britti ci ha presi, ci siamo resi conto che avremmo fatto Sanremo assieme. Lui compare anche in un assolo sul pezzo Spray Nasale.»
Con una musica così varia e irriverente, siete contenti di far storcere il naso a qualcuno?
«Sicuramente se ci vedono con Roberto Angelini e non ci conoscono, si insospettiscono. Ma in realtà a Sanremo tutti ci hanno dato grandi incoraggiamento, da Raoul Bova a Massimo Giletti. Anche tra gli artisti in gara non abbiamo notato snobbismi o rivalità. Anche Nek ha avuto belle parole per noi. E poi Vanity Fair ha messo 10 ai nostri costumi, chi l’avrebbe mai detto?»