Sarà stato il forte vento freddo di libeccio che irrompeva a folate sulla platea o le musiche elettroniche di Paky De Maio, ma al Duomo di Salerno ieri era come esserci saliti davvero su quella baleniera fantasma capitanata da Achab uscita dalla geniale e poetica penna di Melville. E noi tutti attoniti e rannicchiati sotto una luna che illuminava a giorno eravamo
Ishmael raccontatori e ascoltatori insieme di una storia immortale, una storia di lotta e resa, una storia di abissi e solitudini, una storia di acqua. È l’Oceano il vero protagonista di Moby Dick, nè la gigante balena bianca, nè il suo capitano aguzzino, nè i balenieri e le loro vite, nè il marinaio Ismaele dietro cui si cela l’autore, ma l’immensa distesa di acqua che funge da campo di battaglia del confronto eterno fra l’Uomo e la sua parte animale infinita e selvaggia. Alessandro Preziosi ha dovuto divincolarsi tra le parti salienti del romanzo, sulla sintesi drammaturgica di Tommaso Mattei, cercando di passare da Achab a Ishmael a volte con maestria a volte più goffamente, anche lui disturbato da vento e forse, come il pubblico, da una musica che a volte ricreava perfettamente l’ambiente in cui era immersa la storia ed a volte era invasiva e fuori contesto. Nel complesso la magia del cortile del Duomo di Salerno e la magnifica luna prossima al plenilunio accanto al campanile hanno rincuorato i cuori degli astanti infreddoliti. Lo spettacolo era all’interno del Napoli Teatro Festival Italia in corso fino a metà luglio con un fitto programma di musica, teatro, danza e mostre d’arte.
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