Lo scorso weekend al Centro Teatro Spazio (storico teatro di San Giorgio a Cremano – Napoli) è andato in scena, lo spettacolo dal titolo “Bagarìa ”, per la regia di regia Vittorio Passaro con Francesco Rivieccio.
Si tratta del secondo spettacolo previsto nello spazio dedicato ai giovani nel cartellone del teatro, il cui corto nel dicembre 2016, alla III° edizione del Festival Nazionale della nuova drammaturgia “’O Curt” sempre al Centro Teatro Spazio, vinceva la menzione speciale.
“Bagarìa” non è altro che il soprannome di un senzatetto di sessantadue anni, ex architetto morto per il troppo freddo. Dopo il decesso la sua anima si ritrova affianco alla salma avvolta in una vecchia coperta ed comincia a dialogare con quel corpo che aveva abitato per anni, iniziando un viaggio attraverso i ricordi di una vita vissuta tra gioe e dolori.
Bagarìa, un soprannome che rispecchia la doppia esistenza di un uomo: quella invisibile ma che un tempo era sotto gli occhi di molti. Si tratta di una trama che si sviluppa nel ricordo di ciò che si è stati e nella speranza di cosa ancora dovrà accadere dopo la morte. Ecco quindi che l’anima di Bagarìa si trova in un immaginario Purgatorio a fare i conti con le azioni compiute nel corso della sua vita terrena ed a riflettere su come da architetto di successo sia poi finito per strada: forse a causa di troppa onestà in una società di disonesti, che non ha mai creduto alle parole di un uomo sincero anche quando ormai era ridotto a vivere di stenti. L’anima di Bagarìa scontando un periodo di pena prima di affrontare l’incontro con Dio, legge il libro della sua vita ed amaramente scopre che tutte le strade che avrebbe potuto intraprendere sulla terra lo avrebbero inevitabilmente portato sempre alla condizione di senzatetto, dunque si chiede perché un destino così infame doveva toccare proprio a lui.
Esorcizzare la morte, dialogare con essa e con il mondo ultraterreno, è da sempre per il popolo napoletano un argomento di grande fascino: “quando poi si muore cosa succede?” Questo è proprio quello che si chiede l’anima di un senzatetto soprannominato “Bagarìa”.