Giulia Lombezzi, autrice e regista milanese, torna alla Sala Ichòs con quattro spettacoli nell’ambito della residenza teatrale “le Idi di Giulia” di cui è autrice e regista di due delle quattro messe in scena.
Cosa è una residenza teatrale?
Nel singolo spettacolo si possono far conoscere al pubblico (e al teatro) un numero ridotto di sfaccettature e si hanno circa sessanta minuti per mostrare il proprio punto di vista su un angolo di mondo, mentre la residenza è un modo per frequentarsi, approfondirsi e mettersi in discussione in maniera più…tridimensionale. In questo caso specifico Le Idi di Giulia sarà un modo per far conoscere la mia voce in maniera più approfondita e contemporaneamente sarà un incontro la tra mia drammaturgia e la compagnia di Sala Ichos, quindi oltre a tre lavori già esistenti e rodati nascerà qualcosa di inedito e questo renderà la residenza particolarmente interessante.
Come ha ideato la sua e perché porta questo nome?
L’idea è nata da una chiacchierata con Salvatore che mi ha proposto di dedicarmi un mese di stagione 2017/2018 e io ho accettato con entusiasmo. Ho scelto quattro lavori che portino al pubblico quattro parti di me, di un me che è sempre un noi perché l’autore non è mai veramente solo, quattro parti del mio rapporto col mondo, del mio modo di lavorare. Il teatro di narrazione e il teatro di relazione si alterneranno sul palco in quattro storie dal cuore emotivo forte, storie che arrivano da molto lontano. Il nome della residenza in realtà lo hanno inventato gli attori della compagnia Ichos, io l’ho trovato molto divertente ma per maggiori approfondimenti dovete rivolgervi a Giuseppe Giannelli.
Quattro spettacoli differenti che analizzano la nostra società, ce ne parla?
Un capitano – 200.000 chili sulle spalle parla di migrazioni, come moltissimi spettacoli al giorno d’oggi. La particolarità del nostro sta nel punto di vista, che è quello del romanzo di formazione, di un ragazzo costretto in dieci minuti a diventare uomo e prendere il controllo di una barca non sua, persa in mezzo al mediterraneo. Un’altra particolarità di questo lavoro è che è stato scritto assieme a colui che ha vissuto la storia in prima persona, Amr Abuorezk, migrante egiziano. Questo spettacolo ha vinto il premio speciale di drammaturgia “Riviera dei monologhi” 2016 ed è arrivato semifinalista al premio Scenario Ustica 2017.
La durata dell’inverno ha una genesi del tutto differente, nasce dall’improvvisazione in sala con le attrici della compagnia Focus 2, Eleonora Gusmano e Ania Rizzi Bogdan, sul tema della prostituzione e in particolare della vita privata delle prostitute, quella che ha luogo al di fuori della camera di compensazione in cui si sprofondano quando ricevono i clienti. Anche in questo caso la prostituzione è un pretesto per parlare di altro, in particolare di amicizia e di universo femminile. Amo questo spettacolo perché incarna più di altri il concetto di teatro come scienza delle relazioni, le relazioni tra gli attori, tra i personaggi, tra la drammaturgia e la regia, le relazioni come materia viva che evolve chimicamente. Ha già girato varie parti d’Italia, dalla Puglia alla Sicilia alla Lombardia e ha vinto il premio di drammaturgia Donne e Teatro 2016.
L’Uomo Palloncino racconta in chiave umoristica e dark la vita degli animatori nei villaggi turistici. Il tema di fondo è sicuramente l’alienazione prodotta dal mondo del lavoro, tema a me molto caro. In questo monologo, intepretato dal talentuoso Francesco Aricò, si raccontano in primo piano gli effetti devastanti dei miniclub sulla psiche umana.
Ora di pranzo infine, che è una dark comedy, parla di uno dei tόpoi teatrali per eccellenza: la famiglia. Una famiglia infelice a modo suo, riunita intorno a una tavola da pranzo eterna dove si manifestano quotidianamente dei tic relazionali che è impossibile modificare. I rapporti seguono tutti un copione spietato e immutabile di gerarchie, luoghi comuni, piccole frustrazioni, grandi distrazioni che lasciano il desco privo di qualsiasi rivoluzione, arido d’amore, vuoto d’ascolto. Questo lavoro, vincitore del premio DARTS 2013, è andato in scena a Trieste, Torino e Teheran allestito da tre diverse compagnie e ora incontrerà la regia di Pietro Juliano e verrà interpretato da Angela Rosa D’Auria, Teresa Addeo, Giuseppe Giannelli e Cinzia Annunziata.
Cosa pensa del pubblico di Napoli?
Caloroso e con buona memoria. Vivo e partecipe durante la performance. Analitico e puntuale nelle domande a fine spettacolo. Testardo e appassionato perché macina molti chilometri e sfida il frastuono calcistico e la fatica del weekend per venire fino a San Giovanni a Teduccio a godersi gli spettacoli di Sala Ichos. Un pubblico che ho sempre voglia di rivedere.
Quali sono i suoi modelli lavorativi?
Lucia Calamaro per l’amore con cui scrive, Massimo Sgorbani per come riesce con la scrittura a ridare vita palpitante alla Storia, Israel Horovitz per lo humour con cui rappresenta le nostre meschinità, Fabrice Murgia per la genialità essenziale delle sue regie e per l’onestà di fondo del suo lavoro, Marco Paolini in quanto patrimonio nazionale per l’intramontabile arte del racconto, Yasmina Reza per la capacità di lavorare sulle relazioni, la compagnia Il Mulino di Amleto per la bravura nel far rivivere i classici, il Teatro dell Albe per la loro etica e la loro ospitalità, Antonio Rezza e Christoph Marthaler per l’innegabile duende che li attraversa entrambi in diversa maniera, come performer il primo e come regista il secondo.
La tradizione teatrale campana ha fatto scuola nel mondo ma anche i nuovi artisti campani si stanno affermando lei cosa ne pensa?
Beh primo fra tutti mi viene in mente Mimmo Borrelli, che considero da sempre un grande artista, da ‘Nzularchia al nuovo Napucalisse che ho avuto la fortuna di vedere al Teatro delle Albe di Ravenna. Borrelli per me è patrimonio nazionale quanto Paolini, perchè è archeologo e protettore di un linguaggio arcaico e prezioso, conosce il diavolo e il sangue, sa a memoria il corpo di Napoli e ne mette in scena gli abissi profondissimi e laceranti.
Poi apprezzo molto Arturo Cirillo, per la sensibilità con cui mette in scena autori quali Tenessee Williams e O’ Neill e citerei infine, perché li ho conosciuti personalmente proprio a Sala Ichos, i creatori del BUS Theater, uno stupendo progetto di teatro itinerante che porta in giro spettacoli, appunto, dentro un bus. Loro potrebbero essere l’inizio della rinascita delle antiche compagnie di giro.
Napoli è un luogo pregiato, pieno di cultura e contraddizioni, pieno di voci che meritano di viaggiare.