Una delle attrici predilette da Giorgio Strehler, Pamela Villoresi inizia a studiare recitazione all’età di 13 anni, debuttando a 14 come protagonista nel “Re nudo” di Schwarz diretta da Paolo Magelli. Nel corso della sua carriera ha recitato in oltre sessanta spettacoli, di cui cinque con Strehler e poi con Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Giancarlo Cobelli, affiancando grandi attori italiani. Si è specializzata nell’interpretazione della poesia, ed ha diretto lei stessa 28 spettacoli. Per il cinema ha lavorato come interprete in oltre 36 film, tra gli ultimi “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, “Ho ucciso Napoleone” di Giorgia Farina e “Orecchie” di Alessandro Aronadio. Diversi sono i ruoli interpretati anche negli sceneggiati televisivi. Da questa sera la vedremo nel cast di “Amore famigliare” e prossimamente anche in “Don Matteo 11”.
Nel 2017 l’abbiamo vista dietro la macchina da presa con “Orecchie” di Alessandro Aronadio. Quali sono i suoi prossimi progetti per il cinema e la televisione?
«In realtà sto prendendo un pochino di anni sabatici dal teatro. Ora c’è la ripresa della tournée dello spettacolo “Il mondo non mi deve nulla” (di Massimo Carlotto, con in scena me e Claudio Casadio, per la regia Francesco Zecca) perché non potevo non partecipare. Dopo il mio ruolo nel film “La grande bellezza”, grazie a Sorrentino, ho ritrovato la gioia e il piacere di stare dietro una macchina da presa. Il cinema l’ho sempre trascurato per il teatro. Sono contenta di aver trovato un po’ questa sicurezza in me, questo piacere, che mi ha permesso di non accettare tournée teatrali, ma di dedicarmi a delle mie serate come “La musica dell’anima”, e di accettare molti film e diverse fiction».
Sarà nel cast anche della nuova fiction “Romanzo famigliare” in onda da questa sera su Raiuno…
«Sì, andrà in onda da stasera “Romanzo Famigliare”. Dodici puntate, trasmesse in sei serate su Raiuno, per la regia di Francesca Archibugi, con Giancarlo Giannini, Guido Caprino, Marco Messeri e una serie di giovani attori uno più bravo dell’altro. Francesca Archibugi è una grandissima regista. Quando sono bravi tutti gli attori, vuol dire che lo è anche il regista. Ho visto la proiezione in Rai e l’ho trovato molto poetico».
Altri progetti?
«Sarò anche in Don Matteo 11, in cui interpreto la mamma del nuovo capitano. Sarà presente nell’episodio n. 13, ma il personaggio è piaciuto veramente tanto che mi hanno detto che tornerà di sicuro. Finita la tournée inizierò a girare una nuova fiction e poi ancora altri progetti in cantiere sia per il cinema che la televisione».
Nel 2018 sarà impegnata anche con lo spettacolo “La musica dell’anima”, un omaggio ad Eleonora Duse
«Eleonora Duse per me è stata una grandissima scoperta perché non la conoscevo bene, anche lei un’apripista straordinaria, non solo per noi attrici, ma un po’ per tutte le donne. Sarà un omaggio da un’attrice ad un’altra attrice, anche se lei ha pagato la sua libertà, partorendo un figlio illegittimo e non essendo sposata l’ha dovuto abbandonare perché in quel periodo per le donne c’erano le frustate in piazza e l’arresto. Lei ha dovuto partorire in gran segreto a Marina di Pisa, l’ha dato ad una balia, ma purtroppo il bambino è morto dopo poco settimane. Eleonora Duse non solo ha curata la regia ai suoi spettacoli, è stata un’imprenditrice, ha viaggiato per il mondo. Dopo la prima guerra lei ha ripreso a lavorare con un polmone solo. È veramente colossale. Sono molto grata a queste donne. Se tante cose noi le diamo per acquisite, come certi diritti, sicuramente è anche perché queste donne ci hanno veramente fatto da apripista. Anche Eleonora Duse, come me, cercava di approfondire nell’anima i personaggi e diceva: “se non li ami, loro non ti amano e neanche il pubblico ti amerà”, ed io i miei personaggi li amo tanto».
Ha cominciato da giovanissima, interpretando diversi ruoli per il teatro, il cinema e la televisione. Ha lavorato con Giorgio Strehler ed è stata diretta da tanti registi cinematografici come Marco Bellocchio, Gianni Amelio, Paolo e Vittorio Taviani. Da donna, quali difficoltà ha riscontrato nel costruire la sua carriera?
«Rispetto ad altre parti del mondo siamo ancora delle privilegiate. Lungi dall’aver raggiunto la parità. Ho iniziato a lavorare a 15 anni, ed ho avuto la possibilità di scegliere il mestiere che volevo, pur essendo ancora molto piccola. Mio padre firmava i miei contratti, avevo un tutore in compagnia, però grazie anche alla mamma tedesca, tutto questo mi è stato possibile. Ho avuto il marito e gli uomini che mi sono scelta. Ho avuto tre figli e non ho dovuto pagare i prezzi delle mie colleghe di un secolo fa. Certo è vero che anche in teatro ci sono bravissime attrici e registe, ma dove c’è una scelta è politica e i guadagni sono grossi, allora trovi solo uomini, come nella direzione dei teatri stabili nazionali. Ancora oggi il potere se lo spartiscono tra loro, questa è una consapevolezza. Tutto sommato non mi posso lamentare della mia carriera».
Di recente è ricorso il ventennale per la morte di Giorgio Strehler.
«Le commemorazioni per i 20 anni della morte di Giorgio Strehler sono terminate di recente. Sono stati giorni molto faticosi, con diversi eventi organizzati a Trieste, al Piccolo Teatro di Milano, al Palazzo Reale dove è stata aperta una mostra su di lui e dove ho visto esposto i miei vestiti degli spettacoli, le mie foto. Ormai sono un pezzo da museo (ride divertita n.d.r.). Fa un po’ impressione vedere le cose che tu hai usato esposte in un museo. Devo dire, vedendo la mostra, quanto in 20 io abbia rimosso. Mi sono rimboccata le maniche, ho lavorato, ho fatto dei bei spettacoli, ho avuto ottimi compagni di lavoro, ho realizzato dei sogni nel cassetto, però, certo quello era un teatro a una tale altezza, ad un tale livello che ovviamente mi manca. Mi manca il teatro d’Europa, mi manca lui, mi mancano quei vertici. Con queste commemorazioni mi si è rovesciato addosso un lutto rimosso in 20 anni, ma anche la consapevolezza e la gioia di aver fatto parte di questo grande teatro, di cui mi porto appresso, perché io sono una figlia teatrale di Stehler, quindi ho portato con me quella scuola, quel modo di stare in scena, quell’amore e la voglia di gioco, quella ricerca di serietà. In un’intervista che ho rilasciato a Palazzo Reale, alla fine sono scoppiata irrefrenabilmente a piangere e così è finita, perché non riuscivo a continuare».