Al teatro Bellini di Napoli va in scena (fino al 26 novembre) la trasposizione teatrale italiana de “Il nome della rosa”, il grande capolavoro di Umberto Eco, divenuto best seller internazionale, tradotto in 47 lingue, vincitore del Premio Strega nel 1981.
A poco più di un anno dalla scomparsa dell’eccellente scrittore , critico e filologo italiano, grazie all’ ottimo adattamento di Stefano Massini ed alla accurata regia di Leo Muscato, le emozioni ed il mistero di uno dei più conosciuti romanzi del Novecento italiano riecheggiano per la prima volta su un palcoscenico.
Riadattato, già nel lontano 1986, per la versione cinematografica ad opera di Jean-Jacques Annaud, “Il nome della rosa”, divenne un colossal cinematografico grazie anche all’interpretazione di uno straordinario Sean Connery nel ruolo del monaco investigatore Guglielmo da Baskerville.
Leo Muscato, nella trasposizione teatrale, dirige un cast di grandi interpreti (Eugenio Allegri, Giovanni Anzaldo, Giulio Baraldi, Luigi Diberti, Marco Gobetti, Luca Lazzareschi, Bob Marchese, Daniele Marmi, Mauro Parrinello, Alfonso Postiglione, Arianna Primavera, Franco Ravera, Marco Zannoni) e restituisce tutta la grandezza del romanzo, trascinandoci direttamente nel XIV secolo, nel momento culminante della lotta tra Chiesa e Impero. Qui, accompagnati dal racconto dell’anziano frate benedettino Adso da Melk, indagheremo sulla risoluzione del giallo di cui Adso, quando era un giovane allievo del dotto frate francescano ed ex inquisitore Guglielmo da Baskerville, era stato testimone.
Inevitabile e rischioso il confronto con il film che, però, nella versione teatrale italiana, supera di gran lunga la versione cinematografica.
I tempi, decisamente più lunghi del teatro (2 ore e 20 minuti + intervallo), le emozioni della recitazione dal vivo, le scenografie impressionanti di Margherita Palli – rese ancor più reali dai costumi di Silvia Aymonino e grazie alle luci di Alessandro Verazzi, le musiche di Daniele D’Angelo ed ai video di Fabio Massimo Iaquone e Luca Attilii – unito ad un ricchissimo cast fanno sì che le avventure raccontate e vissute durante quei famosi sette giorni del 1327 da coinvolgano lo spettatore dall’inizio alla fine della rappresentazione.
Un’opera certamente complessa ma alleggerita da ironia, metafore e dettata dai ritmi misteriosi del giallo, l’edizione teatrale concepita da Massini non manca di attualità. Dalla troppa e presunta complicità intima di alcuni frati, dalla misteriosa presenza notturna di una donna in convento, dalle morti sospette ed improvvise avvenute in un luogo che dovrebbe essere puro e santificato, dal linguaggio veloce e misto, tra dialetti e volgare, tra latino e spagnolo, il nome della rosa, si conferma un capolavoro artistico italiano.
Vale assolutamente la pena andare a vederlo!