È uscito lo scorso 17 marzo 2015 il primo best of dei Rio: “Mareluce”, un doppio cd che racchiude gli 11 anni di carriera della band emiliana, oltra a 4 inediti.
Della loro positività, energia e solarità abbiamo parlato con Fabio Mora, voce del gruppo. Una chiacchierata all’insegna dei ricordi ma soprattutto del futuro a cui stanno già lavorando mentre girano l’Italia raccontando le mille sfumature del loro presente…
Inizierei con un’esclamazione: finalmente siete tornati!
«Siamo tornati anche se non siamo stati poi fermi tantissimo dai. Potevamo tranquillamente prenderci una pausa più lunga, ma avevamo già altre cose da raccontare e quindi eccoci qua!»
Avevate tantissime cose da raccontare con “precisione” direi…
«Avevamo bisogno di chiudere un cerchio, di raccontare questi 11 anni in giro per il mondo: dal Messico, al Brasile, alla Romania, alla Polonia, alla Francia… Abbiamo avuto la fortuna di suonare davvero in tantissimi posti, la stessa Italia ce la siam girata tutta in lungo e largo. Questa pausa ci ha aiutati a cercare nuove sfumature. Tutto quello che avevamo da dire lo abbiamo detto nei nostri cinque dischi, “Mareluce” ci è servito per guardare avanti: è il presente di qualche mese va, ora bolle già altro in pentola…»
Non parliamo quindi di un album di bilanci…
«Non avevamo bisogno di fare bilanci: siamo sempre stati coscienti e presenti su quello che stavamo facendo. Anzi, adesso stiamo cercando qualcosa di nuovo. In tutti i nostri album abbiamo sempre messo tante sfumature: nei primi tre troviamo rock pop, funky, cantautorato italiano, blues velato, punk rock… negli ultimi due ci siamo concentrati molto di più a livello di suoni. Ed ecco infatti che “Mediterraneo” è molto rock, mentre invece “Fiori” è un lavoro prevalentemente acustico.»
Come classifichereste “Mareluce”?
«Personalmente se proprio dovessi etichettarlo, lo sentirei come disco pop con qualche sfumatura ed intenzione rock. Noi scriviamo canzoni semplici da canticchiare sia live che in macchina. Amo questa definizione di pop intesa appunto come popolare: ci piacciono tante sfumature, non riusciamo ad identificarci in un unico suono.»
Con “Mareluce” avete continuato la vostra collaborazione con Lifegate, quando la avete iniziata?
«Eravamo un gruppo votato completamente alla goliardia, crescendo però abbiamo visto che potevamo trasmettere tante cose e ci siamo sentiti di condividere col nostro pubblico cose passioni che vanno al di là del divertimento puro.
Siamo tutti figli di agricoltori e per questo motivo siamo legati alla terra. Ci siamo guardati intorno e resi conto che alle volte basta poco per lanciare messaggi alla persone. Grazie al Lifegate abbiamo potuto anche collaborare con Fiorella Mannoia ne “Il Gigante” e adesso con “Mareluce” è arrivata una piccola conquista: abbiamo fatto un doppio cd con la copertina in cartone!»
Personalmente sono molto attenta al nuovo cantautorato, soprattutto made in sud. Al Fabric di Napoli, lo scorso 29 marzo, il giovane Antonio Manco ha avuto la fortuna di aprire il vostro concerto: come vi è sembrato?
«Antonio ha avuto la gentilezza di regalarmi il suo cd e io l’ho ascoltato subito, sono una persona estremamente curiosa. Sia quella sera che poi ascoltando il suo primo lavoro ho apprezzato molto la sua voce. Artisticamente è all’inizio e ha ancora bisogno di lavorare moltissimo, ma ha una voce molto originale.»
Queste prime dieci date le avete organizzate in piccoli locali, come mai questa scelta?
«C’è innanzitutto da precisare che noi affrontiamo i piccoli e grandi palchi allo stesso modo, ma amiamo suonare in quelli piccoli perché è lì che siamo nati. I grandi palchi donano l’energia di migliaia di persone, ma i piccoli ti permettono di respirare l’umore delle persone che è ciò che veramente ti cambia il concerto.
Inoltre è indescrivibile spiegare cosa si prova ad affrontare le cose di un tempo con la maturità di oggi, ma la magia è nell’interazione con le persone e, come dicevamo prima, coi loro umori.»
Mancano tre date alle fine di questo tour: Mantova Roma e Milano. Come vi sentite?
«Siamo già malinconici, ma in realtà ci prendiamo questa piccola pausa giusto per organizzare il tour estivo.»