La danza anima i suoi pensieri, il suo modo di vivere, di essere; l’armonia del respiro, dei passi, delle figure ispira le sue giornate: parliamo di Emiliano Cavallini, ballerino professionista e coreografo, talento napoletano, campione Italiano e Regionale tra il 1999 e il 2007 per la FIDS. Come tutti gli artisti che vogliono imparare davvero il mestiere ha girato il mondo partecipando a festival e rassegna e acquisendo tecniche che lo hanno reso un artista completo.
Ci racconta le sue più importanti esperienze artistiche?
«Tra le esperienze più importanti ci sono sicuramente quelle fatte a Miami, in Florida perché mi hanno permesso di confrontarmi con i ballerini più importanti del mondo, grazie ai quali ho potuto ampliare le mie conoscenze tecniche e acquisire una visione della danza internazionale. Fondamentale è stato anche l’incontro con il D.J. Gino Latino, professionista ben noto a livello internazionale; con lui è nato un percorso comune di produzione musicale che ha portato alla nascita di due brani del genere “kizomba”, che oggi sono in testa alle classifiche europee e americane e che per me è stato l’inizio di una nuova avventura non solo coreografica ma anche musicale».
Sul suo sito c’è un bel video che la ritrae mentre balla nella splendida metro alla fermata di Toledo; come Napoli è una città complessa e multistrato, anche la sua arte spazia tra più discipline, ma qual è il suo genere?
«Nella metro di Toledo ballo il tango argentino, ma le mie specialità sono anche le danze caraibiche, quelle latino-americane e le standard, oltre all’ultima arrivata dall’Africa, la “Kizomba”. Tutte queste molteplici specialità mi permettono di essere quello che sono ossia un artista poliedrico e versatile, con una continua voglia di migliorarmi e sempre attento a captare l’emozione che ogni danza suscita dentro di me, in primis, per poterla trasmettere al mio pubblico».
Attualmente, insegna all’Accademia Harmony Dance a Napoli che è una scuola completa impegnata anche in tanti progetti per il sociale.
«All’Harmony Dance si studiano danze caraibiche, danze argentine, danze latinoamericane, danze standard e danze angolane. Sono stati diversi i progetti legati al sociale a cui ho dato spazio con la mia scuola; tra questi la raccolta fondi per la “Casa di Matteo” che accoglie bambini sotto chemioterapia e le loro famiglie, quella per i bambini della Costa d’Avorio e quella per l’Ospedale Pausillipon. Anche l’AIRC ha beneficiato del nostro impegno. Da ultimo ho sostenuto l’Associazione “Monelli tra i fornelli” che si occupa della formazione al lavoro e del recupero dei giovani ospiti dell’Istituto minorile di Nisida, promuovendo la vendita dei loro ottimi prodotti».
È apprezzato soprattutto per la sua versatilità e l’ottima metodologia nell’ insegnamento che potremmo definire come?
«Tutto ciò che trasmetto ai miei alunni segue un preciso programma suddiviso in livelli di esperienza, ma il modo in cui lo trasmetto è frutto di un lavoro che faccio continuamente con me stesso. Cerco di studiarmi per capire la mia capacità di comunicare con chiarezza il messaggio: quando insegno mi metto ogni volta nei panni dell’alunno per intuirne le sue esigenze e adattare il mio metodo alla sua persona».
Lei è anche regista di videoclip, come si approccia a questi lavori nel campo della danza?
«Il primo videoclip che ho prodotto nacque da un’idea che mi balenò improvvisa mentre in macchina ascoltavo della musica. Pensai ad un susseguirsi di immagini che prendevano forma dalla musica e davano alla musica un corpo, un volto, un movimento, creavano una danza. Ascoltare un brano musicale spesso mi porta a rivivere momenti belli, ogni canzone mi porta a ridisegnare una storia che nasce e che muore ed io la immagino subito in forma di danza. La danza diventa allora un breve filmato coreografato che dà identità ai ballerini, con il risultato immediato di farli conoscere e apprezzare».