I concerti di Cristina Donà sono un eterno ritorno. Ogni tanto, per quanto mi riguarda, la precarietà del mio quotidiano ha bisogno di riequilibrarsi col suono della sua voce.
Quella di venerdì 17 aprile 2015 al Lanificio 25 di Napoli non è stata la mia prima data di questo “Così Vicini Tour”, eppure con la Donà è una continua prima volta. E ogni volta come la prima, non posso fare a meno di ammirare come Cristina riesca in maniera semplice a ipnotizzare l’intero pubblico.
Amo focalizzare l’attenzione su dettagli irrilevanti che però nascondono la vera essenza delle cose: al Lanificio era impossibile non accorgersi della quasi totale assenza di smartphone durante il live.
Ho ammirato gli spettatori prendere timidamente i propri cellulari per rimetterli a posto in fretta: in pochissimi hanno permesso allo schermo piatto di fare da filtro durante le canzoni.
Questa è la magia di Cristina Donà: la cantautrice costruisce universi improbabili come fossero bolle di sapone. I suoi concerti sono al di fuori di ogni spazio e tempo e per un istante preciso le sue note riescono quasi a convincerci che forse il tempo è solo un’invenzione degli dei.
Musica e parole dell’artista milanese attraversano gli ascoltatori senza però farsi fermare: scivolano e toccano le corde dell’anima. Per tutta la durata di un suo concerto sembra sempre che cinque sensi siano pochi per capire a fondo cosa c’è veramente dietro ogni singolo brano.
La Donà parla di così tante cose durante i suoi live, apre così tante finestre sul mondo che il mattino dopo (e anche a tre giorni di distanza) risulta difficile elaborare i ricordi attraverso le parole.
Nella prima parte di questo “Special Acoustic Live” in duo con Saverio Lanza, l’artista ha sempre suonato e presentato le dieci tracce del suo ultimo lavoro discografico: pochissime variazioni in scaletta, eppure ogni volta è sempre diverso. L’intimità e l’interazione che si crea a uno qualsiasi dei suoi live può solo essere vissuta.
La chiave di tutto però è nella seconda parte della serata, quando inizia il concerto del pubblico che viene sollecitato da Cristina a richiedere brani del passato. Si ripercorrono vite grazie alla colonna sonora di una delle cantautrici che riesco solo a definire come artista dalle parole silenziose.
Questa volta non riesco a scrivere quali siano stati i brani della serata, la scaletta mi sembra irrilevante. Filo rosso dei suoi brani sono stati cuori pulsanti e battiti di ciglia. Filo rosso è stata la bolla di sapone che brano dopo brano si è allargata ed estesa lasciano il pubblico sospeso tra l’estasi e l’oblio, regalando luminosa eternità finendo poi per dissolversi nel buio della notte.