Il Premio Oscar Gabriele Salvatores al Giffoni Film Festival ripercorre i 35 anni della sua carriera cinematografica. «La settima arte è una cosa assolutamente seria. La magia che molti associano giustamente a questo universo non esisterebbe senza il piglio puntuale con cui andrebbe ciclicamente affrontato. Spesso lo consideriamo solo un mezzo con cui raccontare un gesto falsato come quello della recitazione, senza sapere che nell’atto della creazione filmica si ripropongono una serie di infinite realtà assolutamente fondanti e degne di valore».
Mostro sacro del cinema contemporaneo e padre di lungometraggi trasformatesi in veri oggetti di culto, Salvatores in questo periodo è impegnato nella lavorazione del sequel del film “Il ragazzo invisibile”, un lavoro premiato con diversi e riconoscimenti, tra questi un David di Donatello per i Migliori effetti speciali e due Nastri d’Argento come Migliore soggetto e Miglior casting director.
«Il secondo appuntamento della creatura realizzata tre anni fa si inserisce perfettamente nel solco di un genere fantascientifico che in parte ha avuto inizio con la realizzazione di Nirvana nel 1996. Rispetto a vent’anni fa, però, sono cambiate molte cose: in quei giorni non si conoscevano le reali potenzialità della rete e della tecnologia. Nonostante lo scarto con il passato l’approccio alla fantascienza mi risulta abbastanza naturale, essendo uno dei generi che porto con me fin da quando esordì all’interno del mondo teatrale. A questo va aggiunto il super lavoro di post produzione che il film ci sta comportando, visto che saranno presenti circa 700 interventi digitali capaci addirittura di creare dal nulla ambientazioni, scenografie e personaggi».
Sempre sul sequel de “Il ragazzo invisibile”, in uscita a gennaio 2018, il regista racconta le ragioni che lo hanno spinto a tornare per la seconda volta sul medesimo filone narrativo: «Anche in questo secondo lavoro ho deciso di lasciare ampio spazio al magico potere dell’invisibilità. Non è stata una scelta casuale, ma bensì la risposta al grande male dell’iper presenziassimo dei nostri tempi. Spesso, soprattutto tra i ragazzi, ho avuto la sensazione che si finisca con il considerare un’esistenza solo se riflessa all’interno del web. Quest’idea mi spaventa enormemente e ho scelto di riflettere sulla questione a modo mio».