Pubblico delle grandi occasioni per la prima al Napoli Teatro Festival della piecé Vincent Van Gogh l’odore assordante del bianco, un testo di Stefano Massini che ha vinto il premio Pier Vittorio Tondelli nel 2004 e messo in scena dal regista Alessandro Maggi in una coproduzione fra Khora teatro e Teatro Stabile D’Abruzzo. Nei panni di Van Gogh c’è Alessandro Preziosi noto interprete di molti film, fiction televisive e piecé teatrali di vario genere che con il suo sguardo di ghiaccio riesce da subito a portare lo spettatore nel mondo onirico di Vincet dove la realtà piena di rabbia che lo circonda nel manicomio di Saint Paul è totalmente bianca e asettica e si confonde con la fantasia della sua mente fino a far sospettare che la visita del fratello Theo e tutto il loro lungo dialogo iniziale sia fantomaticamente irreale. Ad aprire la scena, a mo’ di presentazione, una voce di bimbo fuori campo che “racconta” il referto medico dell’entrata in ospedale psichiatrico del noto pittore. La sofferenza maggiore di Van Gogh/Preziosi è proprio la mancanza di colore “qui dove il colore è una bestemmia, qui dove tutto è bianco” dice ad un certo punto facendo sentire la profonda sofferenza del divieto in ospedale di poter continuare a dipingere i suoi blu stellati e i suoi giallOro. È il 1889 e Vincent ha soli trentasei anni quando viene rinchiuso in manicomio e suo fratello Theo sembra l’alterego che gli ricorda tutti i colleghi pittori del tempo da Gauguin a Toulouse-Lautrec e tanti altri e i paesaggi, la vita, la libertà là fuori perduta ” le colline che all’alba diventano d’oro, i salici, i cavalli, i vigneti, le case arancione fra gli alberi di prugne” e poi il sapore delle cose “che al sud vivono e non si guardano vivere…la luce del sud e la nebbia del nord” una contrapposizione tra vita e morte verità e follia. La speranza finale è affidata al direttore del manicomio che sperimenta i nuovi approcci di tipo psicanalitico e fa fare a Van Gogh regressioni all’infanzia attraverso i sogni ricorrenti. Nel bel dialogo fra i due il medico afferma: “ci vorrebbe un chirurgo dei pensiri che aprisse la testa e sfilasse via solo quelle macchie scure finchè un giallo oro non ricopra tutto, abbiamo un mare sconfinato di immagini nella testa che ci confondono, però possiamo provare a navigarlo questo mare.” Nel finale, dove tutti i protagonisti restano muti in scena, con le musiche moderne di Giacomo Vezzani che ne accompagnano il ruotare lento come in una sorta di danza sufi, finalmente ritorna il colore e le pareti dal bianco accecante si ricoprono di quel giallOro abbagliante tipico delle tele di Van Gogh.
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