Lunedì, 27 aprile 2015, nella Sala Del Capitolo del convento di San Domenico Maggiore a Napoli, Erri De Luca ha dato voce alla parola in quella che è stata considerata l’anteprima de “La Notte dei Filosofi” che si terrà il prossimo 30 maggio grazie al supporto dell’Assessorato alla Cultura, all’Associazione “Filosofia Fuori Le Mura e grazie soprattutto alla forza e determinazione del professor Giuseppe Ferraro, amico dello scrittore napoletano.
Il professor Ferraro ha sottolineato ai presenti che l’orario dell’incontro non era stato scelto a caso, così come la location che in un primo momento doveva essere Piazza San Domenico.
«Nell’antica Grecia – ha spiegato il docente – le decisioni più importanti, come ci ricorda lo stesso Platone, venivano prese facendo riunioni notturne. Inizialmente dovevamo incontrarci in piazza, il maltempo non ci ha assecondati, ma il senso resta: questi nostri incontri non nascono per parlare a chi le cose le sa già, ma alla città. Attraverso la parola vogliamo non solo chiederci cos’è che manca a Napoli, ma soprattutto domandarci cosa c’è.»
Poche le presentazioni per De Luca che, ricollegandosi poi alle parole del suo intimo amico Pino (i diminutivi sono importanti quanto le parole) esprime tanti pareri sulla città di Napoli, sottolineandone la centralità che non l’ha mai resa un luogo provinciale.
«Sono contento di essere qui ad anticipare “La Notte dei Filosofi” – ha commentato De Luca – in quanto non sono affatto un filosofo e, tra l’altro, a quest’ora sono in luoghi ben lontani da quelli in cui fare riunioni notturne.»
Ricollegandosi alle parole di Ferraro, Erri ha confessato che tra i filosofi lui ha apprezzato sempre e solo i presocratici: «Non abbiamo più domande da fare – ha sottolineato lo scrittore – sono già state fatte tutte. Dobbiamo ancora però trovare le risposte.»
Riportare tutto ciò che De Luca ha detto durante la serata sarebbe impossibile. Lo scrittore napoletano è il sommelier delle parole: se le gusta e le fa gustare lentamente, senza perdere nessun aroma.
«Quando scendo dai palchi, quando finisce il mio ruolo di oratore – ha spiegato – inizio solo ad ascoltare. Alle grandi tavolate, per strada, nei mezzi pubblici io ascolto. Ascolto le storie degli altri e non parlo della mia: a cosa servirebbe dato che la conosco già?»
L’autore, dopo un lungo viaggio attraverso e grazie alla parole, ha infine ricordato al suo pubblico del processo del prossimo mese in cui sarà chiamato nuovamente in udienza data la denuncia avuta dalla società italo-francese incaricata di costruire la famosa TAV, per il suo appoggio verbale al ‘sabotaggio’ dei cantieri della grande opera.
Mesi fa queste le sue parole pronunciate durante un’intervista rilasciata a Huffington Post: “La TAV va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano. Sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo. I sabotaggi sono necessari per far comprendere che la Tav è un’opera nociva e inutile”.
«Il prossimo 20 maggio – ha quindi ricordato lo scrittore – giorno anche del mio compleanno tra l’altro, dovrò rispondere avanti a un tribunale per aver usato una verbo che non mi lascerò censurare. Difenderò il verbo sabotare perché appartiene alla storia del movimento operaio e di tutte le varie resistenze nel mondo.»
Erri De Luca non sarà un filosofo, ma di certo fa quello che dice ed è la parola che scrive. La parola contraria di cui parla è quella di cui vive.