Una domanda mi accompagna dall’inizio concerto di Carmen Consoli tenutosi al Teatro Palapartenope di Napoli martedì 28 aprile 2015: senza la musica, cosa ci resta?
La cantantessa siciliana è finalmente tornata sulle scene dopo oltre un lustro di silenzio, silenzio in cui, come la parola stessa suggerisce, ha “legato insieme” e metabolizzato tante emozioni che solo con i giusti tempi ha saputo trasformare in nuovi brani da proporre e condividere.
Carmen che non ha perso “L’abitudine di tornare” ha regalato al suo pubblico il concerto che si attendeva oramai da quasi dieci anni: quando la Consoli ricomincia a cantare lo fa in grande stile.
E tutto sembra riprendere dal momento storico in cui ci si era interrotti. Le parole della cantautrice, in realtà, riportano in molti dei luoghi in cui ci si era spezzati. È difficile da spiegare cosa accade ascoltando un live di Carmen, sottolineo però che le sue canzoni bypassano le cause e sono direttamente effetti.
Il concerto si apre con “La signora del quinto piano”, brano presente nell’ultimo lavoro, ma l’attenzione sul nuovo album è marginale. Questo cd fa da cornice al resto, perché Carmen vuole condividere con gli spettatori la sua storia musicale che banalmente è la colonna sonora di tanti presenti.
Difendersi da alcune canzoni non è possibile: le parole si insinuano sottopelle. Ce le ritroviamo cucite addosso senza però riuscire ad afferrarle bene. Alcuni brani che la Consoli ha scelto di mettere in scaletta sono inaspettati e, proprio per questo, fanno sorridere il cuore.
Parla poco Carmen durante il concerto, nei momenti di pausa tra un brano e l’altro sembra quasi ascoltare le storie silenziose del pubblico. L’apparente timidezza svanisce però quando l’artista resta da sola sul palco insieme con la sua chitarra e regala al pubblico “Blunotte”, “In bianco e nero” e “L’ultimo bacio”. Tre suoi brani classificabili tra i più inflazionati che però, nel corso degli anni, invecchiano come il vino e bisogna stare attenti a saperli assaporare come sommelier per non perderne l’essenza e saperne fare un’“analisi sensoriale”.
Tornano canzoni come “Autunno dolciastro” e “Sentivo l’odore”, si apprezzano brani più recenti come “Guarda l’alba” e finiscono per piacere anche i pochi (perché Carmen non li presenta tutti) dell’ultimo album. Manca in scaletta “La bellezza delle cose”, ma solo ufficialmente.
Su due brani ecco la presenza sul palco di Luca Madonia che rende Carmen un po’ più a casa e permette al pubblico di godersi l’incontro tra due vecchi amici.
La cantantessa, come da copione a qualsiasi concerto, saluta il pubblico e se ne va per con brani come “Venere” e “Amore di plastica”, un altro pezzo della sua e nostra storia.
Ripresenta la sua band, di cui ha più volte sottolineato e ribadito i nomi durante nel corso della serata. Quando il live sembra essere definitivamente finito, Carmen torna, “torna a dirci che se ne andrà”, ma solo dopo aver augurato la buonanotte al bimbo che è dentro ognuno di noi.
Chiude il concerto con il brano dedicato a suo figlio, presente nell’ultimo album: “Questa piccola magia” e dal pubblico le arriva un cd. Un cd di cui io conosco la copertina, un cd che racchiude i brani dei suoi autori ma anche di tutti gli altri musicisti che quotidianamente combattono per difendere nel loro piccolo il grande potere delle note.
Le luci si spengono, tra il pubblico anche gli sconosciuti non possono fare a meno di sorridersi complici perché la magia vissuta sul palco non ha trucchi.
Ed ecco che torna la domanda che mi ero posta all’inizio del concerto: senza la musica, cosa ci resta?