A quattro anni da Delta Machine, i Depeche Mode ritornano con ”Spirit”, il quattordicesimo album in studio della loro (prolifica) carriera.
Presentato in conferenza a Milano, città tanto cara al trio di Basildon in quanto ha visto nascere Violator, la massima espressione artistica della band, e anticipato dal singolo ”Where’s the Revolution”, brano spiccatamente politico ed ennesimo figlio di quel terremoto mediatico che ha scatenato l’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti, l’album presenta sonorità elettroniche piuttosto cupe, mescolate con scale di blues, frutto del cambio alla produzione affidata a James Ford dei Simian Mobile Disco, già produttore degli Arctic Monkeys.
Spirit si apre con ”Going Backwards” che, già dal titolo e i primi versi, lascia intendere la linea concettuale dell’album, piuttosto impegnata dal punto di vista socio-politico: ”We are not there yet / We are not envolved / We have no respect / We have lost control / We’re going backwards.” . In ”The Worst Crime’‘ una chitarra eterea e malinconica si accompagna alla morbidezza della voce di Gahan, incalzata nel finale dalla batteria. ”Scum” è uno dei brani più interessanti dell’album: su un tappeto elettronico quasi pop, si inseriscono sintetizzatori e la voce filtrata di Gahan, creando un effetto straniante ed ipnotico allo stesso tempo. Il ritmo procede rapido e incalzante. ”You Move” ne è la naturale prosecuzione per stile e sonorità, ma la ripetizione del verso ”I like the way you move” ne allegerisce il contenuto. ”Cover me” è forse il punto più alto dell’intera opera: la penna di Gahan tocca il cuore, le atmosfere Pink Floydiane sono da brividi e la lunga coda strumentale elettronica, cui i Depeche Mode ci hanno abituati (I Want It All, My Little Universe, tanto per citarne qualcuna), conferiscono un’atmosfera onirica al brano. Segue ”Eternal”, il momento in cui, da tradizione, Martin Lee Gore si e ci concede un viaggio intimo nella quarta dimensione. ”Poison Heart” è una ballata soul, condita da tastiere e distorsioni, à la Depeche verrebbe da dirsi.
”So Much Love” è la canzone più tipicamente Depeche Mode: percussioni elettroniche, la voce di Gore che accompagna quella di Gahan e l’inconfondibile sound della chitarra. Anche in ”Poorman” ritroviamo l’accompagnamento vocale, sebbene il cantato risulti più filtrato. Il ritornello culmina in un ”drop” di chitarra molto distorta. ”This is the last time” ha una struttura molto classica, senza particolari evoluzioni, potrebbe essere un singolo. La chiusura è affidata alla voce di Gore che, con visione piuttosto severa e pessimistica, canta: It’s futile to even start hoping. / If justice will prevail, the truth will tear the scales / Our dignity has sailed, we failed.
Spirit è, in definitiva, un album molto compatto: le tracce seguono una consecutio sonora che conferisce armonia al tutto. E’, inoltre, un album coerente: segue la linea electro-rock intrapresa dal gruppo da diversi anni a questa parte, indice di un processo di ”reinvenzione” che ha permesso alla band di sganciarsi dalle (straordinarie) sonorità tipicamente synth, a cavallo tra gli anni 80” e 90”, e di reinterpretarle in chiave moderna e sperimentale, senza mai abbandonare l’attitudine intimistica e le atmosfere dark che, da Black Celebration in poi, hanno contraddistinto i loro lavori, anche dopo l’addio di Alan Wilder. E’ tutta qui la chiave della longevità dei Depeche Mode.
I Depeche Mode saranno in concerto in Italia: 25 giugno allo Stadio Olimpico di Roma, 27 giugno allo Stadio Di San Siro a Milano e 29 giugno allo Stadio Dall’ara di Bologna.