Presentato al Pan (Palazzo delle Arti di Napoli) il primo laboratorio espressivo di lettura di favole dal titolo “Se puoi sognarlo, puoi farlo…”. «Il titolo del laboratorio – spiega l’ideatrice e direttrice Marina Tripodi, Presidente della Società Italiana di Foniatria e Logopedia – è una frase di Walt Disney, uno dei personaggi più emblematici e travagliati del XX secolo, che ha immaginato un mondo completamente diverso dalla realtà. Ed è proprio questo lo scopo del corso: quello di insegnare ai bambini a immaginare un mondo da soli, senza subirlo attraverso tutta la tecnologia che c’è oggi a disposizione».
A parlarci dell’importanza della fiaba, della sua origine e della sua storia interviene Domenico Basile, diretto discendente di Giambattista Basile, uno dei più grandi autori di letteratura fiabesca del ‘600. Domenico ha tradotto la raccolta Lo cunto de li cunti, rendendola più fruibile ai bambini. Tiene corsi in tutta Italia in cui spiega l’origine della storia della favola. «È fondamentale fare un passo indietro – racconta Basile– per questo sono in linea con l’idea di questo laboratorio. Walt Disney fece quello che ha fatto Basile nel ‘600. Basile prende la tradizione orale e la fa diventare letteratura. W. Disney prende questa letteratura e la fa diventare immagine. Chiaramente in questo laboratorio è il ritorno alla narrazione la parte più importante, superando W. Disney che con l’immagine ha penalizzato i nostri figli. Grazie al laboratorio questo può provare ad essere superato. Torniamo a dare al bambino la capacità di dare una propria immaginazione e creatività a questi personaggi».
Nel corso di questo incontro si è discusso in maniera approfondita di come le favole possono aiutare i bambini anche da un punto di vista psicologico. Per la sua struttura particolare la favola riesce ad affrontare piccoli e grandi problemi quotidiani dei bambini. Li aiuta a superare le loro paure e ad acquisire risorse che gli servono nel corso del suo sviluppo cognitivo. La favola risponde agli interrogativi sull’esistenza. Il bambino ha bisogno di essere sostenuto dall’adulto nel suo processo di formazione di un’identità. La favola parla direttamente all’inconscio alle sue emozioni e per poter catturare la su attenzione è necessario che ess stimoli tutti gli aspetti della sua personalità, ma lo faccia in maniera velata, non dia soluzioni, ma permetta al bambino di fare in modo di essere lui stesso a trovare soluzioni per le sue preoccupazioni. Anche per questo i personaggi sono nettamente differenziati, caratterizzati e i particolari sono completamente eliminati. I personaggi non sono ambivalenti, ma bidimensionali. Non sono buoni e cattivi nello stesso tempo, ma sono polarizzati, di modo che il bambino può sperimentare gli opposti sentimenti che lo attraversano, l’amore e l’odio. Infine c’è l’eroe con il quale il bambino si identifica generalmente e grazie a questa identificazione soddisfa nella fantasia i suoi desideri di grandezza ritornando molto più in pace nel suo corpo, felice di essere così com’è.
Presente anche l’attrice Gioia Spaziani che per l’occasione ha letto “Il racconto dell’Orco”, tratto dal libro Lo cunto de li cunti tradotto da Domenico Basile, che affronta il tema della separazione dai genitori, dove il protagonista sviluppa la sua capacità di autonomia.