L’amore per le cose assenti è uno spettacolo bellissimo di cui non ne consiglio la visione. Non consiglio questo dramma a chi ancora si illude di aver capito cos’è l’amore e nemmeno a chi crede di vivere una relazione perfetta.
In tutta onestà, non lo consiglio nemmeno a chi dice di star bene da solo.
La visione di questa pièce di Luciano Melchionna è consigliata esclusivamente a un pubblico di animali feriti pronti a rimettersi in discussione attraverso continue pugnalate al cuore.
Il regista, infatti, attraverso questa pièce teatrale si mette a nudo sul palcoscenico ma soprattutto spoglia ognuno di noi portandoci ad affrontare i nostri amori e i nostri dolori: risulta invano qualunque tentativo di nascondere entrambe le cose da qualche parte.
Bastano poche battute tra i due protagonisti, Giulia (Autilia Ranieri) e il marito (Giandomenico Cupaiolo) per ricordarci che le vere tragedie e i veri melodrammi non avvengono in teatro, ma sono presenti nelle nostre misere vite attraverso tutte le parole non dette.
I silenzi si accumulano fino a una vera e propria crisi. Ed ecco che il nostro cuore batte all’unisono con quello di lui (non conosceremo mai il suo nome) quanto con quello di Giulia.
Ed ecco che la crisi comporta una scelta, ma è Melchionna il regista e decide lui per tutti. I due coniugi non possono continuare a fingere di amarsi ancora, non possono fingere di ricordare che forse un tempo si erano amati, o che, forse, si ameranno ancora con tutta la ferocia e la gioia degli inizi, quando si erano incontrati per caso. È per caso che adesso si sono persi prima ancora della chiusura del sipario?
L’uomo vuole lasciare Giulia, vuole farle quest’ultimo regalo per il suo 46esimo compleanno. Lui non la ama più. Viene da chiedersi se i motivi per cui la vuole lasciare siano gli stessi per cui anni prima ha deciso di sposarla. Viene da chiedersi se i motivi per cui lui sta soffrendo sono quelli per cui potrà comunque ancora soffrire.
L’uomo ha bisogno di uscire vincitore da questa storia, ha bisogno di illudersi presuntuosamente di poter essere artefice del proprio destino. E per vincere, deve decidere di perdere la donna che ama.
Si affronta diversamente il dolore quando si riesce a restare in piedi. Ed ecco che anche Giulia lo sa al punto da non voler a sua volta risparmiare al marito la crudeltà di perderlo.
Tutti noi animali feriti siamo una continua contraddizione. Lasciamo le persone che amiamo quando non le sopportiamo ma non sopportiamo che siano le persone che non amiamo più a lasciarci.
Trascorriamo quasi tutta la vita a cercare di liberarci da un dolore che poi ricompriamo un attimo dopo essercene liberati.
Ecco cosa vuol dire provare “dolore per le cose assenti”. È tutta in scena la vita di coppia con i suoi eterni cliché. Siamo tutti in scena con i nostri eterni cliché.
Ed ecco che l’azzardo di Melchionna si trasforma in un successo destabilizzante. La voce fuoricampo della meravigliosa HER (che è prologo ed epilogo) prende quasi in giro il pubblico alla chiusura finale del sipario, lo definisce “guardone”, ma in realtà sa benissimo che nessuno ha guardato la pioggia emozioni che si sono susseguite sul palco nascosto dal vetro opaco della propria finestra. Tutti si sono bagnati fino al midollo e tutti, nonostante il temporale sia finito, ancora oscillano e cadono nelle pozzanghere.
Nessun finale per questa storia. Solitamente siamo tutti bravi a trarre le conclusioni quando si tratta degli amori altrui, ma qui non si parla solo di Giulia e Matteo, per questo è difficile trovare una soluzione.
Si resta così sospesi tra il “perché” e il “come”, cercando di capire cosa siamo dopo anni che ce lo chiediamo.
Meritatissimi sold out al Teatro Piccolo Bellini dove lo spettacolo resterà in scena fino a domenica 19 marzo 2017.