Il 14 marzo si terrà l’atteso concerto di Enzo Gragnaniello al teatro Augusteo di Napoli. L’artista offrirà agli spettatori un viaggio che è esperienza e sogno, visione e avvenimento di pelle. Il concerto è intitolato “Neapolis Mantra” come l’omonimo album che l’artista pubblicò sul finire degli anni Novanta.
Al teatro Augusteo di Napoli con bravissima Dulce Pontes. Insieme creerete un flusso sonoro unico o viaggerete per contrapposizioni musicali?
«Canteremo sicuramente “’O mare e tu”, il brano che scrissi nel 1999 e che Dulce interpretò insieme ad Andrea Bocelli. Siamo molto simili e quindi di sicuro ci sarà molta affinità. Lei ha una voce che va oltre il fado: è particolarmente evocativa. Nella sua voce c’è un forte senso di preghiera».
Lei mira al recupero delle emozioni della terra, tenendo lontano i sentimentalismi e propone una musica sanguigna, questo è frutto del suo percorso artistico, come è arrivato questo?
«Partendo da canti di lotta che raccontano esperienza di vita, problemi sociali, per poi arrivare ad un canto che trasforma tutto ciò che può essere velenoso in qualcosa che può emozionare. La passione per l’arte ti sensibilizza sempre di più fino a trasformare e ad elevare il canto in modo da entrare in contatto con la parte più profonda dell’ascoltatore. Senza passare per la vanità e per la razionalità».
Cosa hanno in comune i brani scelti per la serata del 14 marzo?
«Lo spettacolo si chiama “Neapolis Mantra”, ispirato ad un mio vecchio disco di fine anni Novanta. Quindi tutti i brani hanno come filo conduttore l’introspezione. L’introspezione unita all’emozione e alla passione. Penso a brani come: “‘E criature”, “L’erba cattiva”, “Heraklion”, “Il canto II”, “Notte sere e matina”, “Senza voce”, “’O mare e tu”, “Vasame”, “Vieneme”, ”La città delle razze”».
Diversi cantanti napoletani esportano il neapolitan style, sebbene molto diverso dal neapolitan power, cosa ne pensa?
«Penso che la musica non abbia confini o limiti. Se la nuova generazione sente il bisogno di fare una musica diversa lo faccia pure; l’anima di una cultura rimarrà sempre. La grandezza di questa terra è che non esistono mode. Esiste una radice, questo sì».