Aldo Rapè attore e regista siciliano, versatile e pluripremiato, arriva a Caserta oggi e domani al Teatro Civico 14 con lo spettacolo “Pert. Vita e miracoli del partigiano Sandro Pertini”, ce ne parla?
«È uno spettacolo che, oltre a raccontare la straordinaria vita del partigiano Sandro Pertini, ci parla di esempio, libertà, resistenza. Pone l’attenzione sull’importanza della coscienza personale in un mondo dove ci siamo dimenticati che è la coscienza ad indicarci la strada e le scelte».
Quali sono le analogie e le differenze tra il lavoro artistico in Campania e in Sicilia?
«Il mio lavoro è totalmente indipendente, come dovrebbe essere forse tutto il teatro, scelgo con chi lavorare e in che modo farlo. Molti miei collaboratori sono campani, il teatro dove ho la residenza per il progetto è il Teatro Civico 14 a Caserta, il disegnatore luci è il campano Marco Ghidelli, la costumista è la napoletana Annalisa Ciaramella, il mio ufficio stampa è Gabriella Galbiati. Mentre le scene sono di Carturia di Catania. Credo non ci siano sostanziali differenze tra la Sicilia e la Campania. Credo nella forza della collaborazione».
Lei per i suoi spettacoli ha ricevuto molti premi, indice di attenzione ai prodotti realizzati e ai temi attuali, come riesce in questo?
«I premi sono soltanto un’indicazione che stai facendo bene. Vuol dire che ad una parte di pubblico e critica piace quello che fai, come lo fai. Ho molto rispetto per il mio lavoro e soprattutto per il pubblico che sceglie di dedicarti, in un momento di grandi distrazioni, un’ora del proprio tempo».
Ha fatto molta gavetta pensa che oggi i giovani siano propensi alla formazione?
«Si. Credo non sia cambiato nulla. Ci sono molti ragazzi che scelgono il teatro e la formazione. Non è un problema loro la propensione alla formazione, è un problema della società che vuole che tutto sia semplice e veloce, ma la vita non è semplice né veloce, figuriamoci il teatro, L’atto creativo e la scena presuppongono tutto il tempo del mondo».
Ai giovanissimi che amano le tavole del palco cosa consiglia?
«Studiare e continuare a sognare, perché nulla è impossibile. Scegliere percorsi di formazione importanti e seri e soprattutto di viaggiare e sporcarsi, contaminarsi».
Ha dei modelli di riferimento?
«Si: Chaplin, Totò, Eduardo, i miei Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Angelo Musco. Sono innamorato di Toni Servillo, adoro i tedeschi Familie Floz, una certa drammaturgia europea. Mi annoia invece, provocandomi nervosismi ed anche plateali dormite, la ricerca scenica di una contemporaneità vuota ed alle volte ostentata».