Non capita spesso in Italia di assistere ad un film dal respiro internazionale; esce nelle sale il 2 marzo il film “Falchi” diretto da Tony d’Angelo. Il titolo potrebbe trarre in inganno perché come dice Michele Riondino, uno dei due protagonisti: “il nostro film racconta di due drammi interiori di due uomini e non del corpo dei falchi”. Anche l’ambientazione napoletana è un caso perché il luogo ideale di questa pellicola è un non luogo o una qualsiasi città del mondo. Peppe (Fortunato Cerlino) e Francesco (Michele Riondino) sono due poliziotti in borghese della sezione speciale della Squadra Mobile, i falchi appunto. Svolgono il loro lavoro, che li porta ad azioni di una violenza estrema e sempre al limite tra il legale e l’illegale, con zelo. Ma è la vita personale che li devasta. Dubbi atroci dilaniano l’esistenza dei due che reagiscono in maniera differente; tutti devono potere avere una seconda possibilità che per uno sarà liberare una donna cinese costretta a prostituirsi e per l’altro, abituato ad addestrare i cani al combattimento, l’affetto di una cagna che farà riemergere la sua parte positiva e umana. L’interpretazione dei due attori è intensa, profonda. Da bravi attori di teatro, soprattutto Riondino, si trasformano profondamente e restituiscono due uomini disperati, poco umani o forse troppo umani e quindi imperfetti. Si nota in ogni sequenza lo studio approfondito fatto sui personaggi.
D’Angelo si conferma un ottimo regista capace di sintetizzare le esperienze anche dei suoi interpreti e di restituire un attento lavoro registico che anche, grazie alle musiche del padre Nino, viaggia veloce e, dopo le critiche positive ricevute già all’estero, si appresta a sottoporsi al difficile giudizio del pubblico italiano.
Non parliamo di un film poliziesco ma di un film che racconta la realtà delle cose essenziali come l’amicizia, in primo luogo, quei valori che bisogna avere la forza ed il coraggio di raccontare in tutti i suoi aspetti anche quelli più meschini, tipici dell’essere umano.
Abbiamo incontrato il cast alla presentazione nazionale della pellicola, che si è svolta a Napoli, dopo il successo delle presentazioni americane e tedesche.
Signor Riondino di cosa parla il film?
«Chi crede di assistere ad una storia sui Falchi si sbaglia e forse resta anche un po’ deluso, noi raccontiamo i drammi interiori di due personaggi».
Come vi siete prepararti a questi personaggi così intensi?
«Abbiamo lavorato molto sia in fase di lettura che poi sul set; i nostri personaggi vivono drammi interiori forti e combattono i loro mostri grazie all’affetto di una donna e di un cane. Abbiamo osservato molto i falchi in azione in città e quella sensazione di essere osservati sempre è forte. A me mi ha aiutato molto l’idea di lavorare come se fossimo due cani: Fortunato era il capobranco ed io il gregario sempre pronto a seguirlo. Io era il poliziotto istintivo e di poche parole e lui quello più riflessivo, una sorta di buono e di cattivo».
Si, ma a dire il vero, signor Cerlino, da quello che emerge non si può stabilire bene chi è il buono e chi il cattivo?
«Secondo lei è utile ragionare per categorie? La complessità del nostro animo si può comprendere barrando la casella buono o cattivo? Il bene e il male non sono categorie adatte a riflettere. Questo film ha quella qualità in più che troviamo in quelle d’oltreoceano, cioè di ragionare per circostanze. Sarebbe tutto più facile, più vero se ragionassimo per circostanze. Posto che le regole ci devono essere ma non dobbiamo dimenticare che l’essere umano non sempre è all’altezza del rispettarle».
Avete specificato che nel film non c’è stata nessuna violenza su cani, viste le immagini credo che abbiate fatto molto bene, ma signor Cerlino come ha fatto a puntare la pistola sulla testa di un cane di sessanta chili senza essere sbranato?
«Con Ettore, il cane protagonista, ho lavorato per diverse settimane. Considerate che lavorare con cani e bambini è la cosa più difficile che si possa fare perché loro sono sempre veri, ho dovuto creare un rapporto di fiducia totale che mi ha permesso di girare anche quella scena. É stata un’esperienza talmente forte lavorare con lui che quando ci siamo lasciati mi è dispiaciuto come quando lasci uno di famiglia».
Il film è girato a Napoli, ma la città fa da sfondo solamente, signor D’angelo è stato difficile girare in città?
«Si avrei potuto ambientare il film in una qualsiasi città, la storia è il rapporto tra i due protagonisti e le loro realtà. No non abbiamo avuto nessun tipo d problema in città».
Alcune scene restituiscono i due protagonisti come sospesi tra legalità e illegalità, signor Riondino non avete paura di dare una immagine sbagliata dei Falchi?
«La nostra storia non racconta di loro e la forza dell’attore risiede nel fatto di poter interpretare i personaggi senza doverli giudicare; attraverso il non giudizio possiamo raccontare delle storie che non necessariamente dicono la realtà dei fatti».
Signor d’Angelo che musiche ha ideato per il film?
«Le musiche sono studiate per accompagnare il racconto, non ho voluto elaborare delle musiche tipiche di questo genere, con suoni campionati ma ho fatto quello che è più vicino alla mia sensibilità. Raccontare di amore, di tradimento, di amicizia richiede delle sottolineature che solo certi generi possono fare. Ho osato, con difficoltà in alcuni momenti perché ho trovato un po’ di resistenza da parte di mio figlio, ma alla fine sono contento del risultato».