In scena al Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli, fino a domenica 12 febbraio “Una Lampa” scritto, diretto e interpretato da Roberto Azzurro, che in questa nuova edizione del suo collaudato testo, divide la scena con Fabio Brescia.
Il monologo è un’animosa, infuocata, aspra, veemente, amorevole invettiva contro Napoli e il popolo napoletano. Il suo non vuole essere il solito discorso da guerrafondaio irrispettoso, infatti il testo, connotato da una forte dimensione realistica e da una profonda riflessività, non vuole sottolineare solo le cose terribili di Napoli, ma anche le cose belle che sono veramente numerose. «Napoli–sottolinea l’autore-dovrebbe avere una Costituzione a sé, essere una città Stato, come Singapore. Tutto ciò che in qualsiasi altro posto nel mondo è straordinario, a Napoli diventa ordinario e viceversa. Abbiamo la fortuna di vivere in un paese meraviglioso, che era la culla della civiltà, di rara e unica bellezza,di cui tutti hanno approfittato, senza alcuna forma di rispetto. Con questo monologo volevo litigare con Napoli, in maniera pubblica,senza dare nulla per scontato. La mia è un’invettiva simpaticamente antropologica e sociale, non politica o di parte».
«La natura dei napoletani – precisa Azzurro con amarezza– è talmente forte e radicata nei secoli che è destinata a rimanere sempre uguale. Non credo a un cambiamento radicale: i napoletani sono malati di autoreferenzialità, in quanto mettono la loro persona al centro di ogni cosa, inveiscono continuamente contro tutto e tutti, la loro è una forma distorta di comunicazione e di teatralizzazione».
«Questo testo–prosegue Fabio Brescia- vuole essere un felice incontro tra teatro della tradizione e quello d’avanguardia,dal tono quasi surreale, che porta in scena le grandi contraddizioni del nostro popolo, che riesce a ridere anche delle tragedie,con la grandissima capacità di esorcizzare anche la morte».
La scenografia è inquietante e inusuale :grosse sagome di legno rappresentanti il corpo umano, circondate da una serie di lampadine che fungono da cornice,quasi a rappresentarne la sacralità .Il monologo,diviso in sette canti,con un linguaggio molto esplicito,risulta veramente godibile ,in quanto l’autore dosa magnificamente momenti di comicità a quelli di puro sarcasmo. I protagonisti possiedono una dirompente carica emotiva, non hanno un attimo di cedimento,con la stessa tensione dall’inizio alla fine. Da vedere.