È campana la nuova voce del rock femminile contemporaneo. Ira Green è nata a Mugnano di Napoli ma vive a Villaricca (Na). Si è avvicinata alla musica rock e hard rock grazie alla passione che i suoi genitori, in particolar modo suo padre ex dj, le hanno trasmesso. La nuova paladina del rock italiano nel mondo, dopo l’esperienza a The Voice of Italy 2015, nel team di Piero Pelù, ha pubblicato di recente “Re(Be)Ligion”. Dieci tracce in cui Ira Green, attingendo dai grandi classici della discografica rock mondiale, afferma la sua personalità artistica con canzoni dal ritmo pungente, ma allo stesso tempo coinvolgente, un grido di rivalsa e di rivoluzione, il cui risultato è un album che ha tutte le carte in regola per essere distribuito oltre i circuiti italiani.
È uscito Re(Be)Ligion il tuo album contenente dieci brani di musica rock frutto d’ispirazione ai classici del rock mondiale. Da quali artisti ti sei lasciata influenzare?
«Penso che le influenze siano varie proprio perché si è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. Direi che i personaggi che mi hanno “segnata” di più sono Layne Staley, Kurt Cobain, Robert Plant, Phil Anselmo, David Bowie… beh potrei andare avanti ad oltranza, come ho detto in interviste precedenti sono tutti artisti che ammiro e stimo ma che non ho come idoli o miti».
In alcune tracce riecheggiano sfumature del genere metal, trasformi in musica il tuo urlo liberatorio, rivoluzionario. Quanto ti gratifica comunicare la rabbia, l’insoddisfazione di ciò che c’è intorno?
«A dire il vero più che comunicare rabbia, comunico con la rabbia. È l’unica energia che mi lascia trasportare le persone nel mio strano e malsano mondo, nella mia testa confusa che sente il bisogno di raccontare qualcosa, un qualche messaggio che sento di voler dare alle persone. L’insoddisfazione non fa parte del mio modo di reagire alle cose che mi accadono. Preferisco trovare una soluzione al problema e non lamentarmi perché lo si lascia immutato».
I’m wrong, il singolo che ha anticipato l’uscita del cd, esprime il desiderio di seguire l’istinto piuttosto che lasciarsi dominare dal pensiero e dalla convinzione di essere sbagliati. Da quali riflessioni è nato?
«Purtroppo sotto questo aspetto non ho avuto una vita molto semplice, ci sono cose che mi hanno portata ad impazzire per magari provare a seguire i consigli di persone che credevo care, ma che infine ci hanno tenuto tanto a mostrarsi per ciò che erano realmente. In breve, che sia una persona a cui tenete o qualcuno di cui non ve ne frega una mazza, siate ciò che siete, accettarsi sta alla base di ogni conquista e successo personale».
I’m still calling you è autobiografico, un analisi sul dolore e la necessità di alleviarlo. È una riflessione sul rapporto con i tuoi genitori ed al tempo stesso un ringraziamento per l’amore ricevuto. Quali sensazioni hai sperimentato?
«I’m still calling you è quel brano che metti quando hai voglia di tirar fuori qualche lacrima con la malinconia dei tempi andati. Da un lato mi fa bene e dall’altro mi fa male, così come la musica in genere. Amo la mia famiglia e solo io so quanto male hanno passato prima di trovare un po’ di tranquillità. Gli sarò sempre grata per quanto mi hanno dato e per ciò che fanno tutt’oggi per me».
Music’s tramp è la trasposizione in inglese del brano “Mondo senza regole”, un grido di rivalsa nei confronti del mondo della discografia, attraverso cui affermi la voglia di comunicare senza seguire regole prefissate. È una scelta maturata nel tempo?
«A dire il vero Music’s Tramp è nata in inglese e poi trasposta in italiano. È un modo per far capire che nonostante tutto accetto sempre il mio demone e ci convivo anche senza dover avere paletti o limiti. Senza mura o regole».
Tuo padre ti ha trasmesso la passione per la musica rock. Cosa ascoltavi quando eri adolescente insieme a lui?
«Ascoltavamo molto rock classico anni 60-70, Funky, hard rock e qualcosa più di nicchia come il dark rock che andava tanto negli anni 80. Ha lasciato che io ascoltassi tutta la musica senza creare preconcetti su nuovi suoni che possono sempre arricchire una persona che fa musica. Ricordo ancora che avevo paura della canzone “Time” dei Pink Floyd da piccola e lui piano piano me la fece ascoltare a bassa voce e mi stava vicino. Sono ricordi che porto ancora dentro».
Dell’avventura a The Voice of Italy 2015 cosa ti è rimasto?
«Tutta l’adrenalina del voler comunicare come mio solito. È stata un’esperienza che auguro a chiunque voglia provare emozioni forti e dirette come un giro in una giostra pazza come quella della televisione».
Come hai vissuto il rapporto artistico con Piero Pelù? Prosegue la collaborazione musicale?
«Benissimo. Specialmente negli ultimi periodi, non ci sentiamo spesso per impegni con i rispettivi album ma ci teniamo aggiornati su qualsiasi cosa ci accade ed accadrà, e sono felice anche solo per questo».