La stagione 2016-17 del teatro Sannazzaro si apre, venerdì 21 ottobre, con “La festa di Montevergine” di Raffaele Viviani; è una scelta ponderata perché con questo lavoro Lara Sansone, interprete e regista dello spettacolo, ma soprattutto anima del teatro, vuole evidenziare le sue scelte: valorizzare le tradizioni e il turismo della nostra regione.
Lara cosa significa per lei questo lavoro?
«La mia famiglia, da sempre impegnata nella tutela e divulgazione del nostro grande patrimonio popolare partenopeo, mi ha trasmesso un grande amore e rispetto per le nostre tradizioni. Oggi più che mai con la globalizzazione è importante preservare quanto di più tipico e connotativo esista per la nostra Regione. I napoletani che vogliono incontrare la nostra cultura ed i turisti, possono farlo attraverso spettacoli come “La Festa di Montevergine” del grande Raffaele Viviani».
Cosa è “Festa di Montevergine”?
« “Festa di Montevergine” è una testimonianza. Un ricordo d’amore, profondo rispetto per le nostre radici. Spettacolo corale, capace di fondere sacro e profano, risate e commozione come pochi testi, è stata per noi una grande sfida ma anche una testimonianza di amore».
“Per non dimenticare” sottolinea nelle sue note di regia e tanti sono i motivi che l’hanno spinta a mettere in scena questa opera, ma forse il più importante è che trent’anni fa “La Festa di Montevergine” è stata una delle sue produzioni più ambiziose messe in scena da sua nonna…
«Mia nonna era una donna tenace, una combattente ed una teatrante d’altri tempi. Ventisette anni fa “La Festa di Montevergine” è stata una delle sue produzioni più ambiziose ed oggi in tempo di crisi particolarmente sentita nel settore teatrale, un modo per dimostrare che il suo Sannazaro in oltre venti anni di alterne vicende, di successi e preoccupazioni è vivo e riesce ancora a dare lavoro a molti artisti, seppure con grandi sacrifici malgrado la crisi».
Mi sembra doveroso parlare del cast, perché lei ha scelto alcuni degli intrepreti che utilizzò sua nonna e si tratta di attori navigati e bravi, ce ne parla?
«Tanti attori di grande scuola, di “mestiere” sono coinvolti in questa operazione. Molti protagonisti della storica compagnia di nonna Luisa, Ciro Capano, Mario Aterrano, Annamaria Colasanto, Matteo Salsano, Patrizia Capuano, Salvatore Misticone, Chiara de Vita, Ingrid Sansone autentici testimoni di un passato da non dimenticare; Lucio Pierri, Corrado Ardone, Massimo Peluso, Ettore Massa, miei amici di questo nuovo percorso del Sannazaro».
Che spettacolo vedranno gli spettatori, quali le sue idee registiche?
«Ho pensato ad un allestimento diverso, particolare, che possa riguardare e coinvolgere la struttura tutta in un percorso da vivere in modo totale, sostituendo le poltroncine rosse della sala a tavolacci ai quali sarà possibile degustare vino rosso ed i mitici taralli napoletani. La sala sarà adorna di luminarie e bancarelle tipiche per entrare nella rumorosa atmosfera di questa grande festa del sud».
Perché ha scelto Viviani?
«Amo Viviani. Mi sono formata recitando nei suoi testi, ho avuto il privilegio di essermi interfacciata con maestri d’eccezione che mi hanno guidata attraverso le espressioni, i suoni e le atmosfere vivianee. E penso a guide d’eccezione, come Nino Taranto, Luisa Conte e Gennaro Magliulo, per non parlare dei tanti comprimari e comici, dai quali ho avuto l’onore di spiare e carpire i segreti, proprio loro, gli artisti poco ricordati, che rappresentavano il sale delle rappresentazioni, da Adele Moretti a Gennarino Palumbo, da Bob Vinci ad Ofelia de Simone».
Ci sono molti parallelismi con sua nonna, Luisa Conte: siete due donne capocomico e imprenditrici ostinate e determinate in un mondo, quello artistico teatrale, difficile, cosa le ha insegnato sua nonna?
«Mia nonna mi ha insegnato a non arrendermi, anche nelle situazioni disperate. Ad avere sempre “fame” di conoscenza. Di conservare umiltà e rispetto per un mestiere che nasce povero e dovrebbe rimanere nobilmente artigiano».
Come è cambiato il teatro dai tempi di sua nonna da oggi, che difficoltà trova?
«Il mio mestiere è cambiato molto. Oggi c’è poca abitudine al teatro. Si fatica di più a convincere i giovani a partecipare alle rappresentazioni, perché non sono fidelizzati al teatro. Poi c’è la questione doping, sì perché viviamo la difficoltà di confrontarci con realtà fortemente sostenute economicamente, che ci fanno una concorrenza spietata. Realtà che possono permettersi di super pagare artisti e compagnie, abbattendo i costi. Costi che noi per naturale sopravvivenza dobbiamo mantenere adeguati al commercio. Il pubblico che uccide il privato».
Da diverse stagioni sta portando avanti l’idea che alcuni spettacoli di tradizione come questo o il cafè chantant meritino di replicare per più anni, come accade nelle maggiori capitali del mondo, come risponde Napoli?
«Napoli risponde, è pronta. Attraverso tante azioni mirate, con l’Ente per il Turismo (quanto ci manca!) abbiamo provato a creare una abitudine ad un genere teatrale particolare, dedicato e pensato ai turisti ed a quanti avessero voglia di conoscere la nostra cultura. Il Cafè Chantant nostro è un format. Il pubblico lo ama e per fortuna prenota con mesi e mesi di anticipo. E prenotano le agenzie turistiche. Uno spettacolo senza barriere linguistiche».
Una stagione ricca di personaggi di alto spessore, ci parla delle sue scelte artistiche?
«La nostra tradizione merita gli ambasciatori più importanti. Ecco spiegate le presenze di Giancarlo Giannini e molti altri. Il nostro piacere è quello di coinvolgere quanti più artisti possibili nell’avventura del Sannazaro. Da questa volontà, la scelta di affiancare alla classica stagione di prosa, la sezione “Metti una sera con…”, una rassegna parallela, unita dall’amore per Napoli e la sua cultura».