Ho avuto bisogno di tempo per metabolizzare “Le pagine perdute” di Ugo Nasi. L’incontro con questo scrittore è stata per me una ricerca paziente. Il suo romanzo è un generoso viaggio nello spazio e nel tempo che va gustato con lentezza. La verità di questo libro è nella bellezza dei dettagli così come nei dettagli troviamo anche la sua complessità.
Eppure le “parole trovate” di Ugo Nasi si lasciano divorare, motivo per cui mi sono personalmente imposta una lentezza nella lettura. E, a distanza di un mese, una seconda rilettura del romanzo stesso.
Sono sicura che anche ad una terza lettura verrebbe da riflettere su quanta meravigliosa vita è riuscito a nascondere Ugo Nasi dietro la morte di un solo uomo. Suona strana forse come affermazione, ma basta iniziare la lettura per essere risucchiati da tutta questa vita di cui parlo.
“Le pagine perdute” non è semplicemente un thriller, il lettore non va solo alla scoperta di indizi post omicidio: il viaggio risulta anche un’indagine interiore. È questo, secondo me, il principale segreto del romanzo. “Le pagine perdute” diventano un’ossessione in primis per il lettore. Da sottolineare inoltre che questo romanzo crea dipendenza e non solo tra i divoratori di libri. Ugo Nasi utilizza un linguaggio universale accontentando i lettori esigenti e criticoni ma anche quelli alle prime armi. E la sua scelta linguistica e il suo modo di raccontare vicende che si delineano solo alla fine di tutto risultano vincenti.
Per il resto, posso solo invitarvi ad iniziare la lettura, ad andare oltre la copertina.
Un esordio d’altri tempi per Ugo Nasi, un romanzo che testimonia quanta ricchezza e quanta storia sono nascoste nella nostra quotidianità. Una ricchezza che due occhi e una penna onnisciente riescono finalmente a farci ammirare.
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