Il giornalista discografico Franco Zanetti, protagonista insieme a Giampiero Alloisio dell’ideazione del talent per autori Genova per Voi, ci ha descritto in una vivace conversazione le caratteristiche che muovono la direzione organizzativa del format di cui è principale responsabile, insieme al suo costante lavoro e a quelli che sono gli elementi di passione ed il rapporto tra scrittura e discografia.
Tra i membri della commissione artistica di Genova X Voi. Come questo talent riesce a scovare e lanciare talenti?
«Questo talent non si propone di trovare talenti, ma di valorizzare le eventuali doti professionali di autori non professionisti. Quello che cerchiamo, è talento nello scrivere canzoni e quello che offriamo al vincitore è un contratto da autore professionista in esclusiva per un anno, con Universal Music Publishing. Non vogliamo “lanciare” nessuno. Non è questo il senso; Il senso è offrire un’opportunità di lavoro a quelli che si dimostreranno i migliori fra quelli che selezioniamo.»
Quali sono le caratteristiche per entrare a far parte di Genova per voi?
«Scrivere buone canzoni. Noi facciamo la scelta ascoltando i brani,non badando all’arrangiamento ne alla qualità del suono. Scegliamo le canzoni, se ci rendiamo conto che sono state scritte da persone che non ne hanno solo due buone, ma che hanno una dimostrabile capacità di mettere in cantiere una produzione di belle canzoni, continuativa e costante. Portiamo gli autori a fare una settimana di laboratori dove le loro doti vengono esaminate, auspicabilmente rafforzate, e poi uno di loro ha un’opportunità di lavoro concreta che è un contratto di un anno retribuito.»
In che modo viene valutato un concorrente?
«Un concorrente viene valutato prima di tutto per la qualità delle canzoni che scrive. In secondo luogo, cerchiamo di capire se le due canzoni che ci ha inviato sono il meglio di una produzione regolare o se sono dei casi sporadici (c’è gente che si è candidata con canzoni scritte 5 o 6 anni fa ed evidentemente non ha nessun senso). A noi interessa sapere se un autore ha scritto recentemente delle buone canzoni e se è in grado di scriverne altre. Il terzo criterio, è legato alla settimana di laboratorio: quello che cerchiamo di capire durante il colloquio è se il semifinalista ha delle doti di collaboratività, flessibilità, disponibilità a migliorarsi e se ha queste caratteristiche, lo portiamo alle finali. Se, come è successo più volte, è bravo a scrivere canzoni, ma non è adatto al lavoro di gruppo, non lo selezioniamo.»
In cosa si differenzia dagli altri talent, oltre ovviamente alla scelta solo di autori di canzoni?
«Si differenzia dagli altri talent proprio perché non ce n’è un altro così. Gli altri cercano cantanti. Noi autori.»
In che modo si riconosce un bravo autore?
«Dalle canzoni che scrive naturalmente. Le canzoni che scrive devono essere originali, potenzialmente commerciali e interessare a un editore musicale, perché possano essere proposte a degli interpreti di professione.»
Franco Zanetti, da giornalista a discografico, poi il ritorno alla scrittura. Come spieghi questi “salti”?
«Ho sempre fatto quello che mi divertiva. Quando mi sono stancato di fare il discografico nell’85 ho lasciato la discografia, poi sono tornato per un anno solo, nel ’95, perchè speravo di trovare una discografia cambiata e invece l’ho trovata peggiorata rispetto a quando l’avevo lasciata dieci anni prima. Così ho lasciato di nuovo.»
La tua regolare presenza al Sanremo Lab è di larga diffusione. Ricordi un’edizione in cui sei stato particolarmente colpito da una performance di un emergente?
«Certo. Ricordo l’edizione di Arisa che con una sola canzone cantata in un posto terribile, in una stanzetta, su una pedana con una commissione di cinque persone, ci ha sorpresi, commossi, incuriositi e stupiti perché era diversa da tutte le altre. Infatti l’abbiamo portata avanti fino in finale. Poi per fortuna Paolo Bonolis, che quell’anno sceglieva i finalisti dei “Giovani” di Sanremo ha condiviso il nostro parere e la nostra intuizione, l’ha portata al Festival e infatti ha vinto e anche il pubblico ha condiviso.»
Se tu dovessi dare una personale idea della musica accostandola a quella della scrittura, come ti esprimeresti?
«Non saprei spiegarlo perché per me la scrittura è una capacità frutto delle moltissime letture fatte sin da piccolo, brave maestre alle scuole elementari, una brava professoressa di lettere alle scuole medie, un’ottima insegnante di italiano e latino al ginnasio e al liceo. Fortunatamente per me la scrittura non è un’arte ma una professione e semmai un artigianato. Della musica non saprei che dire perché non so scrivere musica, cantare o suonare strumenti. Io sono un ascoltare di musica e un cronista della musica che ascolto. Conosco tanti autori e quelli che stimo di più, sono quelli che ogni giorno si siedono e artigianalmente si mettono a scrivere una canzone nuova, non quelli che aspettano l’illuminazione o l’ispirazione che arriva da chissà dove. La scrittura da giornalista è faticosa così come credo debba essere quella da scrittore di canzoni.»
C’è un messaggio che ami lanciare ai giovani che si avvicinano al mondo artistico?
«Si e si tratta di una citazione tratta dal libro “Fuoriclasse. Storia naturale del successo” del giornalista e scrittore Malcolm Gladwell che dice “Ci vogliono diecimila ore di esercizio per coltivare un potenziale talento”. Diecimila ore sono all’incirca tre anni.»
A cosa stai lavorando in questo periodo?
«Continuo a lavorare su Rockol.it, sto scrivendo un libro sulla storia delle radio private della mia città che è Brescia, sto lavorando alla creazione di una radio universitaria di interfacoltà e alla direzione del concorso per canzoni e voci per orchestre da ballo che si chiama “D’altroCanto”. Infine sabato 24 maggio sarò presidente di giuria italiana dell’Eurovision Song Contest 2015.»