Benzina, nome d’arte di Enzo Russo – produttore e chitarrista napoletano già di Spiral69 – pubblica di recente “Nel vuoto che c’è”. Il nuovo progetto discografico è interamente scritto, prodotto, missato e masterizzato da Benzina, tra il b studio e il Tp studio di Napoli, è stato pubblicato il 29 febbraio 2016 per la neonata etichetta B Music (ed. Irma records, distr. believe digital). Dieci brani accompagnati da melodie mai scontate, i cui testi – diretti e ispirati – raccontano di delusione, rabbia e disillusione. Enzo Russo – che vanta collaborazioni con Steve Hewitt, batterista storico dei Placebo, Lou Reed e molti artisti italiani – propone un disco maturo, introspettivo e dal sound internazionale, attraverso sfoghi rock tradotti in chitarre taglienti e ritmiche potenti, spaccate in due da atmosfere intime e malinconiche.
“Nel vuoto che c’è” è il nuovo album, il primo che ti vede anche in veste di autore dei brani. Come mai hai mantenuto il nome Benzina?
«Benzina, per chi non lo sapesse, era una band che si è formata nel 1999. Nel 2011 il cantante del gruppo decise di mollare, andare via e così decisi di sciogliere la band. Da quel momento mi sono dedicato alla scrittura, poiché non mi ero mai cimentato prima. Scrivendo ho avvertito il bisogno di andare avanti, di continuare il mio percorso artistico, dedicandomi non solo alla musica, alla produzione e all’arrangiamento, ma anche alla scrittura dei testi. “Nel vuoto che c’è” è un disco tutto mio, in cui per la prima volta le canzoni sono state realizzate per intero da me e parlano di vita, di storie vissute.»
A suonare in questo disco, una vera e propria comunità di musicisti, 15 in totale. Come mai questa scelta?
«Ho voluto coinvolgere in questo progetto tutti i miei amici musicisti, con i quali ho condiviso diversi momenti della mia vita e della mia carriera. Non è stato facile poiché alcuni di loro non lavorano in Italia, quattro vivono negli Stati Uniti. È stata dura ma n’è valsa la pena perché ci siamo divertiti tantissimo. Mettere insieme una comunità di musicisti per questo disco era proprio quello che desideravo».
- ph Massimo Cuomo
Tra le tracce, anche “Lontano Lontano”, una delle canzoni più rappresentative di Luigi Tenco, rivisitata in pieno stile Benzina…
«A me piace tantissimo la vena malinconica di Tenco, che mi accomuna molto a lui. In Italia Tenco, come anche Lucio Dalla sono quelli che hanno fatto la storia della musica. Ci sono delle canzoni che col tempo, dopo averle ascoltate diverse volte, non riesco più a farlo, perché mi prendono tanto, quindi cerco di esorcizzarle facendole mie. E quando una canzone la sento mia, non può più farmi male».
Tanti viaggi e concerti in tutto il mondo come chitarrista di Spiral69. Quali differenze hai riscontrato nel suonare in posti lontani dall’Italia?
«Se parli di esperienza musicale – anche perché difficilmente riesco a scindere l’uomo dal musicista – posso dire che nelle diverse esibizioni fuori dall’Italia, la differenza sta nel pubblico. Nell’est Europa, sono assetati di musica, qualsiasi genere di musica. Non sono interessati tanto al nome dell’artista, ma alla musica che produce. Ti ascoltano e se gli piace la tua musica, alla fine del concerto comprano il tuo disco, ti aspettano per complimentarsi. Questo succede anche quando abbiamo aperto i concerti dei Placebo. Il pubblico presente è attento ad ascoltare la musica, non solo quella dei loro idoli. Questo è quello che manca in Italia. Manca la curiosità, la voglia di ascoltare un brano di un artista non molto conosciuto».
Cosa ne pensi del mondo dei talent show?
«Il mondo dei talent è particolare. Vedere un artista che piange, si innamora, racconta la propria vita in tv, quel personaggio diventa un po’come un amico, un parente, una persona che conosci da tempo. Quindi il pubblico inizia a seguirlo, sentendosi parte della sua vita. È un meccanismo diabolico che funziona. La qualità troppo spesso è inesistente. Ma questo non dipende neanche dall’artista. Ce ne sono alcuni veramente bravi, ma è il messaggio che si sceglie di dare che è sbagliato. Bisognerebbe dare un messaggio che non sia solo “sole, cuore, amore”».
Nel 2015 hai fondato “B Music Records”, etichetta con la quale hai anche prodotto “Nel vuoto che c’è”. Quanto è difficile oggi per un’artista far conoscere la sua musica?
«Oggi non è assolutamente facile. Sono produttore artistico da un bel po’ di tempo ed ogni volta che dovevo proporre un gruppo alle diverse etichette, mi sembrava di elemosinare qualcosa. Ad un certo punto della mia vita ho sentito il bisogno di voler creare un’etichetta tutta mia, per produrre non solo quelli che sono i miei lavori, ma anche quelli di altri artisti che ritengo siano bravi, talentuosi e che a mio parere meritano di far sentire la loro musica, il loro operato.».