Il Diluvio Universale prima e Se Avessi un Cuore poi segnano quest’anno la transizione di Annalisa da apprezzata cantante pop melodica a nuova stella dell’elettronica italiana. Dopo la partecipazione a Sanremo 2016 la cantante ligure ha aspettato il momento giusto per pubblicare il primo album interamente scritto da lei. Ecco cosa ci ha detto sul nuovo disco Se Avessi Un Cuore.
Stai per uscire con il quinto album. Come stai affrontando questa fase della tua carriera?
«La partecipazione a Sanremo quest’anno è stata un’operazione di passaggio. Il Diluvio Universale per me è stato un perno tra prima e dopo, nel senso che sono arrivata finalmente a fare quello che mi ero prefissa da tempo. Questo genere elettronico è quello a cui ho sempre mirato, anche se il passaggio da quando sono uscita da Amici è stato graduale».
Se ti guardi indietro, cosa pensi dei tuoi primi cinque anni sulle scene?
«Non è stato facile, soprattutto perché non volevo bruciare le tappe, ho fatto un passo alla volta, facendo uscire sempre un disco all’anno. Non mi sono mai fermata e ho proposto cose nuove, il che ha mantenuto vivo il mio interesse e spero quello del pubblico».
Sei cantautrice ora, cosa cambia per te?
«Tutte le cose che ho cantato anche in passato le sentivo mie altrimenti non l’avrei fatto. Fin da quando ho iniziato ho sempre scritto anche se in tv ho capito che forse all’epoca del primo lancio la mia scrittura non era abbastanza matura e ho aspettato. Penso che già in Splende, l’album precedente, avevo un mio modo di comunicare che era definito. Ora sono orgogliosa di presentare 12 pezzi scritti da me. Ho sempre avuto problemi a comunicare in altro modo quindi la musica mi è servita molto per esprimermi».
Come descriveresti Se Avessi Un Cuore?
«Leggerezza è la parola chiave del disco, cerco di dare valore alla capacità di lasciarsi alle spalle qualcosa che non è andata bene. Non è un invito a mollare la presa, piuttosto a trasformare il desiderio di lottare in qualcosa che ti fa stare meglio. È un po’ il processo che ho affrontato io. Anni fa me la prendevo per cose piccole. Sono cambiata».
Le tue collaborazioni sono sempre molto mirate. A cosa aspiri?
«Beh, con Tony Hadley è stata una bella esperienza, un incontro di istinto e molto personale. Mi piacerebbe continuare anche a scrivere per altri. In questo disco c’è una canzone scritta da Dua Lipa, Used To You, nata da un incontro casuale alla mia casa discografica. Ne ho fatto una versione in italiano che ho chiamato Potrei Abituarmi, è stato un onore perché lei non aveva mai dato una sua canzone a un’altra cantante. Si è stabilita una vera sintonia umana tra noi».
Anche la copertina del disco invita alla riflessione, com’è nata?
«Metto bocca su tutto e devo dire che la foto che mi mostra guardandomi dentro, nel cuore è un invito ad ascoltare. Nel disco ci sono cose che non ho mai detto a nessuno, cerco di raccontare momentio in cui sono da sola e mi rendo conto che faccio cose di cui nessuno sa niente. Fino ad adesso»!
Per il tour cosa stai preparando?
«Ci sono state due anteprime live a Roma e Milano che sono state delle mosse in controtendenza, nel senso che sono salita sul palco a cantare canzoni che sarebbero uscite dopo qualche giorno. Volevo ritrovare il rito collettivo di ascoltare musica nuova assieme al mio pubblico. Per il tour estivo ho seguito tutti i dettagli in prima persona, ho fatto i disegni del palco e mi sono interessata delle luci. Se non sei tu che tieni in mano il timone ti perdi. Solo così sono soddisfatta».