The Uman Farm 2020 è in scena al Piccolo Bellini di Napoli fino al 17 aprile. Liberamente ispirato alle opere di George Orwell, la pièce teatrale è un testo di Massimo Maraviglia, con l’adattamento e la regia di Rosa Masciopinto,interpretato da Marianita Carfora, Antimo Casertano e Raffaele Parisi, col disegno luci di Gianni Porcaro e il progetto video e foto di Vision Area Studio.
Lo spettacolo è la storia di due uomini e una donna rinchiusi in una fattoria umana, al cui centro della stanza è presente un monitor in cui si riflettono immagini del loro stesso mondo. Molte volte interrotti dalla mancanza di corrente, problema che i tre personaggi non sanno risolvere e in cui vedono un losco presagio. Si interrogano spesso sui molti perché della vita: se è giusto credere a tutto o tutto è una menzogna; sul perché oggi si ha la necessità di sapere tutto di tutti; sul fatto che oggi tutti possono dire qualcosa e si fa riferimento alle nuove tecnologie telematiche, ma si è giunti ormai al fatto che nessuno a più niente da dire. Human Farm è la storia dell’ultima fase di una gara crudele, che viene svelata solo nella parte finale, di un gioco dove i tre protagonisti si sono sfidati per vincere in realtà la morte, poiché sono tutti malati terminali.
È la rappresentazione della odierna società dei consumi, dove ormai solo i social network sono punto di forza e permettono la sorveglianza degli uni sugli altri. L’autore Massimo Maraviglia sostiene che il progressivo annientamento delle emozioni e dei pensieri dovuto all’ipervisibilità ci sta facendo ammalare di nichilismo, Di qui in scena la malattia terminale degli attori, tutti molto bravi, che chiedono di morire ma senza soffrire e sembra che la morte ormai sia l’unica alternativa possibile per sostenere la necessità di un vero e libero arbitrio, una possibilità di scelta, che può affrancarci dal ruolo di vittime consenzienti. L’autore si interroga inoltre, su un presunto black-out della corrente elettrica: cosa succederebbe se venisse a mancare la corrente per un mese? Di cosa si nutrirebbe l’anonimo potere?
Quale resilienza esprimerebbe la massa altrettanto anonima e smaterializzata uscente allo scoperto nel buio del Black-out? Si passerebbe alle armi? La risposta almeno dagli attori in scena sembrerebbe di sì. Alla fine, infatti, uno di loro fa fuori gli altri due con un colpo (a salve) di una pistola.
Da vedere.