Nelle sale arriva, giovedì 31 marzo, il film di Ivan Cotroneo “Un bacio”, con Rimau Grillo Ritzberger, Valentina Romani e Leonardo Pazzagli. Regista, scrittore e sceneggiatore, Ivan Cotroneo con “Un bacio” torna per la terza volta dietro la macchina da presa, dopo il debutto con La kryptonite nella borsa, interpretato da Valeria Golino, Luca Zingaretti, Fabrizio Gifuni e la serie web e televisiva Una mamma imperfetta. “Un bacio” è un film rivolto a tutti, in particolar modo ai ragazzi, tratto dall’omonimo romanzo scritto dallo stesso Cotroneo, pubblicato in Italia da Bompiani. «Mentre nel libro i protagonisti erano due ragazzi e un‘insegnante – racconta il regista – qui, nella sceneggiatura scritta con Monica Rametta, i protagonisti sono tre adolescenti, e il mondo che si racconta è il loro. Gli adulti, che pure nella storia sono importanti, non vedono il mondo con gli stessi occhi di Blu, Lorenzo e Antonio».
Ambientato a Udine il film racconta la storia di tre adolescenti (Lorenzo, Blu e Antonio), i quali hanno sedici anni, frequentano la stessa classe nello stesso liceo e hanno ciascuno una famiglia che li ama. Tutti e tre, anche se per motivi differenti, finiscono col venire isolati dagli altri coetanei. La loro nuova amicizia li aiuta a resistere, fino a quando le meccaniche dell’attrazione e la paura del giudizio altrui non li colgono impreparati. In questo film si affrontano tutte le tematiche relative all’adolescenza, sulle prime volte, sulla ricerca della felicità, sul bullismo e l’omofobia. Sui modelli e sugli schemi che impediscono soprattutto ai ragazzi, di essere felici, di trovare la strada della loro singola, particolare, personale felicità.
«Un bacio è un film sulla fragilità della giovinezza – continua Cotroneo – sul pericolo che si nasconde dietro un insulto volgare, sulle ferite e sulle gioie improvvise. Un film su un’età in cui tutto quello che succede è il centro del mondo: una brutta scritta sul muro esterno della scuola, l’invito mancato a una festa, le parole sgraziate di un adulto. Un film che è una commedia, che è vitale e vivo, fino a quando non arriva il pericolo. Un film che piuttosto che definire drammatico mi piace pensare come romantico. Un film sull’amore, su tutti gli amori che vanno a male, che sono sciupati dal mondo, e che, come nel finale del mio racconto, potrebbero invece avere una sorte diversa, e più bella, e più felice».
Il regista si ritiene molto soddisfatto di questo suo nuovo progetto cinematografico: «Non ho paura di dire che tengo moltissimo a questo film, per le tematiche che affronta, e per come le affronta. Per l’importanza, anche personale, che ha per me raccontare questo tema, le meccaniche del bullismo, il rischio dell’infelicità, il pericolo per i ragazzi, in questo preciso momento storico. Da sceneggiatore di film di altri registi, e da scrittore per me stesso, ho sentito più volte la necessità di affrontare il tema dell’inclusione, della ricchezza che sempre ci portano le differenze. E poter parlare oggi di bullismo e adolescenza, di omofobia e isolamento, con una storia e dei personaggi che raccontano la loro voglia di vivere e di resistere, era per me diventato una questione di necessità. Mi piacerebbe che quello che ne è venuto fuori fosse un film popolare nel senso più bello del termine, un film che parla ai giovani e a quella parte di adolescenza che tutti noi adulti ci portiamo dentro. Un film sulla bellezza e sul terrore che ci fa la vita. Un film per il quale non si ha paura di ridere e di piangere. Un film sulle ‘prime volte. E un film che di per se stesso è una ‘prima volta’. Sicuramente l’avventura più grande, e per me più bella, che io abbia mai affrontato».