“NOVANTADUE-Falcone e Borsellino 20 anni dopo” è uno dei testi più intensi e significativi di Claudio Fava, scrittore e politico catanese, che andrà in scena fino al 20 marzo al Ridotto del Teatro Bellini di Napoli. In scena Filippo Dini, Giovanni Moschella, Pierluigi Corallo, con la regia di Marcello Cotugno.
Scritto in occasione dei vent’anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio lo spettacolo è una moderna tragedia. Si tratta del racconto degli ultimi giorni di vita dei due magistrati; ripercorriamo la loro ultima notte all’Asinara, il carcere di massima sicurezza, dove preparano gli atti per il Maxi-processo.
E’ uno spettacolo forte, sanguigno, con scene di forte impatto emotivo, grazie alla intensa interpretazione dei tre attori che si sono calati perfettamente nei rispettivi personaggi. In primis ci colpisce la profonda amicizia che legava Falcone e Borsellino, il loro desiderio di vivere, ma anche lo stesso presagio di morte. Dice ad un certo punto della narrazione Falcone all’amico Borsellino: La normalità è un desiderio onesto, ma noi non ce lo possiamo permettere, e ancora – ma tu qualche volta ci pensi alla morte?- E l’altro risponde – si ,ogni giorno.
Ci troviamo di fronte al lato più umano e personale di due “Eroi del nostro tempo”. La loro vita era fatta di solitudine, di grande forza, di senso del dovere, di coerenza, ma anche di rabbia, paure, sconforto, entusiasmo.
La frase che secondo me meglio li rappresenta è quella che Borsellino pronuncia dopo la morte del fraterno amico, dopo che un pentito gli annuncia che anche lui è condannato dalla Mafia a subire la stessa sorte: Chi ha paura muore ogni giorno, chi ha coraggio muore una sola volta.
Il male viene rappresentato con tanti volti, non solo quelli dei mafiosi, ma anche di uomini dei servizi, ministri, funzionari, ufficiali, insomma persone insospettabili. Come nella più classica delle tragedie, il copione era già scritto, tutto già deciso, non dagli Dei, ma dagli uomini delle alte sfere a Palermo e a Roma.
Luci scarse e una scenografia minimale fanno da contrappunto a uno spettacolo che punta all’essenzialità, che scava nel profondo, senza alcuna forma di retorica e di autocompiacimento.
La musica sottolinea egregiamente i punti salienti dello spettacolo. Il messaggio finale è di profondo ottimismo, rivolto alle giovani generazioni, con l’auspicio e la consapevolezza che saranno loro a contribuire, in maniera determinante, a spezzare le catene del malaffare in un futuro non molto lontano.
Applausi e molta commozione da parte del pubblico alla fine.