Dopo il Festival di Sanremo, la giovanissima Chiara Dello Iacovo ha iniziato il suo primo instore tour col suo primo album “Appena sveglia”. Un album molto interessante quello della cantautrice d’Asti ricco di sonorità che riescono ad attirare persone di ogni età. Ogni tappa dell’instore fa collezionare a Chiara dei veri e propri sold out, ma lei sembra non farci caso, così come non vuole parlare delle classifiche che la vedono da settimane sempre ai primi posti. Evitiamo così la domanda, ammirando però ogni singola persona che ha imparato a memoria tutte le canzoni al di là della floreale “Introverso”.
Iniziamo con una domanda semplice: cos’è stato per te Sanremo?
«Un bel premio: una vacanza molto faticosa ma bellissima. Un modo per farmi conoscere sicuramente, ma col lavoro del cantautore c’entra poco. Questa vita iniziata post Ariston è totalmente diversa.»
Sai che sei una delle poche cantanti di Sanremo ad essere anche autrice del pezzo?
«Sarò sincera: la storia del cantautorato è molto divertente. Io credevo che tutti i cantanti scrivessero le loro canzoni, ecco perché sono anche autrice di tutti i miei pezzi. Tra l’altro non credendo di avere questa grande voce mi sono sentita così agevolata in quello che volevo fare. Adesso sto cercando un equilibrio per restare coerente con me stessa, perché nel momento in cui uno smette di dire la verità, la gente se ne accorge.»
Quando hai capito che la musica era la tua strada?
«C’è in questa scelta lo zampino di mio padre che ha instradato me e mio fratello. Io personalmente ho iniziato suonando il pianoforte, ma ho sempre avuto con lo strumento un rapporto contrastante. A 13 anni ho però scoperto il canto e mi sono allontanata dalla musica classica. La svolta c’è stata quando ho conosciuto il cantautorato italiano: il mio è stato un processo a ritroso con De Andrè, De Gregori, Dalla, Jovanotti, Bersani e Fabi da cui adesso devo disintossicarmi sennò poi rischio di scrivere come lui!»
Sei una persona estremamente solare, però analizzando i tuoi testi ritroviamo immagini molto distanti dall’idea che abbiamo di te…
«In molti mi definiscono “Luminosa”, però in realtà io sono una persona profondamente malinconica e pessimista, ho sempre previsioni melodrammatiche e tragiche. All’esterno però esce fuori un lato diverso di me, credo forse funzioni un po’ come con le stelle che devono bruciare per dare luce.»
Un altro elemento caratterizza le tue canzoni: c’è molta città oltre a te stessa nei testi, sbaglio?
«No, anzi! Io amo le città perché dalle città attingo il silenzio che mi permette di cercarmi cullata però dalla città stessa.»
Un’ultima domanda: quali sono le tue più grandi doti?
«In primis la fantasia, non è scontata: in molti crescendo le perdono, la mia lavora bene invece. Ancora, cerco sempre di essere fedele a me stessa. Questo mestiere ti fa concentrare su te stesso tutto il tempo e ciò può portarti anche a finire in voragini di dubbi che possono portare sulle sponde sbagliate, non è sempre facile gestire tutto.»