Floraleda Sacchi, una delle più interessanti arpiste sulla scena internazionale, continua il suo percorso artistico, fatto di successi, riconoscimenti e contaminazioni musicali. Tra i diversi impegni, l’artista sta lavorando a un nuovo progetto per arpa elettrica ed elettronica con composizioni sue. In questa intervista che vi proponiamo, Floraleda Scchi, racconta alcune tappe principali del suo percorso artistico.
In una precedente intervista a MyDreams hai parlato del tuo progetto discografico “Intimamente tango”: composizioni di Astor Piazzola rivisitate da te e dalla violinista Maristella Patuzzi. L’album è stato presentato dal vivo in Italia, Stati Uniti, Canada, Sud America e Cina. Come si è conclusa questa parentesi della tua vita artistica?
«In Sud America sarò alla fine di marzo, in Cina in realtà ho presentato una mia versione delle Stagioni di Piazzolla con l’orchestra non l’album in duo che comunque mi ha dato grandissime soddisfazioni. Sto però già lavorando a un nuovo progetto per arpa elettrica ed elettronica con composizioni mie e scritte per me.»
Cosa rappresenta per te l’arpa, oltre ad essere uno strumento musicale?
«È la mia voce, il mezzo per esprimermi, un prolungamento del mio corpo…»
Com’è è cambiato l’approccio con questo strumento da quando hai cominciato a suonarlo ad oggi?
«Sono sempre meno accademica e più sperimentale, personale. Cerco la libertà totale.»
Tra le varie collaborazioni teatrali, hai composto le musiche di scena, che esegui dal vivo con Ottavia Piccolo, per il monologo “Donna non rieducabile”, spettacolo che racconta la vita della giornalista russa Anna Politkovskaja, assassinata a Mosca il 7 ottobre. Come nasce questa collaborazione? Qual è stato il tuo approccio nel realizzare le musiche per questo spettacolo?
«Una bellissima esperienza, sia perché Ottavia è bravissima e con lei mi pare sempre di duettare un po’ come quando si suona con un bravo musicista. Poi le musiche sono mie e quindi vivo tutto in modo più intenso, il tema è forte e attuale e riguarda a libertà di stampa e di espressione e la dedizione e professionalità nel proprio lavoro portata avanti a qualunque costo, anche pagando con la propria vita. Uno spettacolo minimale e forte con la regia teatrale di Silvano Piccardi traslata per la versione cinematografica da Felice Cappa. Abbiamo superato le 150 repliche… direi che è stato anche un progetto di successo! La musica è nata in stretta collaborazione con il regista che mi diceva, Flora qui ci va la ruggine, il disfacimento, qui devi essere come delle pallottole, qui devi sanguinare… e io dovevo accontentarlo.»
Sei riconosciuta come una delle più interessanti arpiste sulla scena internazionale, molto spesso descritta dalla critica come una preziosa innovatrice nell’approccio al tuo strumento. Qual è il tuo pensiero in merito a tali apprezzamenti?
«Ci si sente responsabilizzati perché vorrei sempre offrire al mio pubblico degli spettacoli interessanti, emozionare, stupire e anche non ripetermi!»
Hai ottenuto il premio Harpa Award per il libro su Elias Parish Alvars. Come è nata l’idea di scrivere questo libro. È stato scritto solo in inglese, sarà mai tradotto in italiano?
«Il progetto è partito come una sorta di tesina, però mi sono appassionata nella ricerca e ho ampliato il lavoro, poi sono stata fortunata perché alla prima richiesta di pubblicare il libro a editore svizzero specializzato in libri musicali mi sono subito sentita rispondere “ci interessa”. Il libro in effetti è uscito solo in inglese, ma è bello perché sono nei cataloghi della Library of Congress o della British Library. Non credo uscirà mai in italiano, ma non escludo di scrivere in futuro altri libri.»
Domenica 24 gennaio, sarai protagonista di un’intervista-concerto al MaMu-Magazzino Musica di Milano. Durante la serata ripercorrerai le tappe principali del tuo percorso discografico, spaziando dalla musica contemporanea a quella tradizionale. Volendo riassumere la tua carriera, dagli esordi ad oggi, quali sono i progetti che i più hanno significato per te?
«Minimal Harp è stato un punto di svolta: è stato il mio primo disco solistico con Universal, mi ha fatto conoscere internazionalmente. Ho amato anche altri progetti particolari come il disco dedicato ad Hasselmans, un autore romantico (possiamo definirlo Chopin dell’arpa) o il monografico su John Cage o l’ultimo Intimamente tango. Ciò che più conta è comunque ciò su cui sto lavorando. Non sono una persona che ama pensare troppo al passato, ma vivo il presente e sono piena di sogni per il futuro, vorrei avere 10 vite per poter realizzare tutto quello che mi passa per la testa.»