È stato un lungo viaggio quello che ho percorso attraverso le 11 tracce dell’ultimo lavoro discografico di Bruno Bavota. L’album “Mediterraneo” è infatti uscito lo scorso 25 maggio 2015, ma quando si ha a che fare con gli stati d’animo e con le sensazioni sottopelle il tempo non esiste.
Esistono solo passeggiate lente in campi di girasoli e avventure in deltaplano ammirando spighe selvatiche che formano distese gialle e rettangolari come lingotti d’oro.
Le note di “The Night” e di “A Quiet Place” costruiscono magicamente il portico di una casa di montagna da cui osservare un vecchio molo dove c’è solo una barca a remi, la brezza leggera del venticello e la poesia dell’acqua che scorre.
Se mi chiedessero di riassumere “Mediterraneo” con un solo vocabolo sceglierei “sussurro”. Una parola che apparentemente richiama al bisbiglio, ma che dentro nasconde molteplici significati, proprio come accade ai brani di Bavota.
Il compositore partenopeo non ha mai avuto la pretesa di cambiare la scena musicale pianistica internazionale e questo suo volare basso lo ha portato, lavoro dopo lavoro, a cambiare se stesso e ogni suo ascoltatore. La sua forza è semplice: Bruno è ciò che sembra, c’è una completa aderenza tra lui e le sue creazioni.
Bavota utilizza solo la lingua del cuore ed è da sempre orgoglioso di risultare semplice. Attenzione: semplicità non è assolutamente il contrario di difficoltà, bensì è spesso ciò che si ottiene dopo aver sopportato un massimo livello di lavoro, qualità che permette a un brano di mantenere nel tempo un grande spessore e una grande dignità.
Gli 88 tasti di Bruno continuano a collezionare date e continenti e questo perché il pianista da sempre non rivolge la sua attenzione al mercato discografico, ma altrove. L’artista non “ostenta”, ma si “ostina” a rispettare in ogni momento se stesso, gli altri e soprattutto la musica.
Con “Mediterraneo” ogni traccia è una vera e propria incisione nella memoria: ritroviamo senza cercarli una miriade di spazi esterni inscindibili da quelli interni, riuniti in una stessa espansione.
L’incastro delle note del piano fanno risuonare l’evoluzione del suo percorso artistico che, per quanto mi riguarda, raggiunge (per il momento) la sua vetta più alta grazie a due brani in particolare “Hands” e “Alba”.
Il segreto e l’essenza di Bruno Bavota però, si racchiude in un’altra traccia dell’album: “Home”, brano che inizia con la pioggia che il pianista ha registrato col suo microfono per regalare in qualche modo infinità a quel temporale. In questa semplice registrazione, seguita poi dal brano, Bruno si rivela: egli crede e dimostra in maniera tangibile che la musica è davvero dappertutto, ovunque insomma si possa rimediare un suono. Non riesco a scrivere altro su “Mediterraneo”: il resto è legato alle percezioni di ogni singolo ascoltatore.
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