Alessandro Haber, tra gli ospiti della quinta edizione del Social World Film Festival, riceve il Golden Spike Award alla carriera e firma la lastra di bronzo del “Wall of fame”, il monumento dei famosi di Vico Equense, che si trova in Piazza Kennedy – Arena Loren. Attore di cinema, teatro e televisione, regista e cantautore – Alessandro Haber – dopo aver visto il video tributo preparato dal Social World Film Festival per celebrare la sua carriera, emozionato ha detto: «Ho visto tutto un pezzo della mia vita lì dentro, dal mio debutto a 18 anni fino all’altro giorno… ho ripercorso per un attimo tutto l’entusiasmo, l’amore e la dedizione che ho dato.»
Cosa tramette il teatro a differenza del cinema?
«Il teatro riesce a darmi molto di più rispetto al cinema. Perché mi sento proprietà di quello che faccio. Mentre al cinema non hai mai una coscienza reale di quello che stai facendo. Quando io rivedo quello che ho girato, dopo il montaggio, a volte mi sorprendo, quasi come se quella scena non l’avessi vissuta, poiché attraverso le luci e per l’appunto il montaggio si può stravolgere il tutto. Per il cinema e il teatro sono come due donne, se poi vogliamo aggiungere la musica, sono tre donne cui non posso rinunciare. Il cinema è rappresentato da una bionda, il teatro da una mora e la musica da una castana.»
Quanto sono importanti i sogni nella sua vita…
«I sogni sono fondamentali. Se non sogni non hai una ragione per vivere. I sogni ti permettono di fantasticare, quando riesci a toccare i tuoi sogni con mano, riesci a realizzarli, a viverli, è un’esplosione. I sogni non sono solo per chi fa cinema, teatro, spettacolo. I sogni sono per tutti, perché sono il motore della vita.»
In che modo si avvicina al suo lavoro, ad ogni singolo progetto?
«Non ho mai delle certezze. Per me ogni volta è come se fosse la prima, come se ricominciassi da capo. Ogni volta mi prende l’ansia, la paura. Alla prima di uno spettacolo me la faccio sotto. Credo che se uno si sentisse appagato, non proverebbe più la stessa emozione. La parola “arrivato” io non so cosa sia. Se nel mio lavoro qualcuno dice di essere arrivato, deve cambiare mestiere. Sono una persona sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. Cerco di non fermarmi alla prima intuizione. Per arrivare da Milano a Napoli non c’è solo l’autostrada. Non mi fermo mai alla prima scelta, cerco sempre altro, ma sempre con l’amore, la dedizione, la voglia di dare il massimo. Per trovare una giusta concentrazione, soprattutto se parliamo di teatro, aspetto di entrare in crisi, perché quando entro in crisi, rifletto di più e meglio. Quando mi propongono un film, non chiedo mai chi è il produttore, bensì la mia curiosità si sposta sul regista, il copione, gli altri attori del cast. Se mi offrissero di prendere parte ad un piccolo film , curato bene nei minimi particolare, al posto di una pellicola in cui il mio ruolo sarebbe ben retribuito, sceglierei il piccolo film. Ho scelto di fare questo mestiere perché lo amo, per me è una malttia.»
Quali sono le caratteristiche di un bravo attore?
«Se un attore dice che recita vuol dire che è finto. Un ruolo bisogna sentirlo, interpretarlo. Bisogna essere veri, entrare nel personaggio. La scuola è importante, ma solo vivendo la vita, la quotidianità, riesci a raccogliere i diversi colori utili per riuscire a interpretare diversi ruoli. Il mestiere dell’attore è duro, non che gli altri non lo siano. Ma un attore se non è ingaggiato per un film, uno spettacolo, non potrà mai recitare da solo a casa davanti ad uno specchio, ha bisogno di un copione, del pubblico.»
La sua passione per la musica e il rapporto con Francesco De Gregori che ha scritto per lei “La valigia dell’attore”…
«È una canzone struggente che ha centrato tutto il mondo degli artisti con una sensibilità unica. Lì dentro c’è tutta la nostra vita di attori, meravigliosa e faticosa. È una missione la nostra, una malattia.»