Quando è scoppiata la mania per Daniele Stefani l’Italia era un paese sicuramente più spensierato. Era il 2002, lui da biondo teen idol cantava un “Giorno d’amore” e dal Festivalbar passò a Sanremo in un coro di acclamazioni. Poi, con il passar del tempo, i suoi orizzonti si sono allargati, ha viaggiato molto, ha cambiato entourage. E oggi pubblica un bel pezzo con il cantante dei CuriosityKilled The Cat, Ben Volepelier che si chiama “People And Places” e che ha lanciato una serie di video amatoriali sul suo canale web intitolato AllYouNeedIs Love. Ci ha concesso una chiacchierata in esclusiva per parlare del suo rientro sulla scena.
Sei nato nel 1980, ti sarai perso il periodo clou dei Curiosity!
«Ricordo Ben e il suo gruppo e perché li ho riscoperti dopo. Loro sono arrivati alla ribalta contrapponendosi al pop inglese degli anni ‘80 molto easy. Hanno avuto successo anche in America e hanno sperimentato una fama che difficilmente hanno oggi le star internazionali.»
Ti ha raccontato qualcosa di quegli anni?
«Non mi ha detto molto del suo passato ma io ho indagato. Di Andy Warhol che diresse il loro primo video, Misfit mi ha detto che era un bad/goodguy. Mi ha raccontato della New York degli anni ’80. È un onore riuscire a lavorare con un personaggio così.»
Come vi siete conosciuti?
«Il mio produttore Max Rio conosceva Ben e ci siamo ritrovati in vacanza in Liguria e poi siamo andati in studio. Il pezzo che volevo fare l’avevo già scritto in inglese ed è stato per me un momento di coraggio, perché volevo farglielo cantare con una produzione già pronta. C’è Nathan East al basso, il microfonista di Tom Jones che coordina tutto il suono. Lui l’ha sentito e ha detto: cool.»
Di cosa parla il testo?
«“People And Places” nasce come una semplice canzone d’amore. Sentirla cantare da Ben, sembra una canzone di amore universale non solo da uomo a donna, ma anche tra i vari generi, popoli. Così ho pensato di farla diventare un inno contro l’omofobia, la chiusura mentale. Ho lanciato su youtube una gara a chi fa un utilizzo più inventivo di questo inno all’amore e sono arrivate delle grandi trovate.»
Credi che sia in sintonia con i tempi?
«Sicuramente ho avuto risposte positive da chi ha sentito il pezzo. In Italia lo stallo degli ultimi 15 anni è forte e la gente, che ama l’arte e il bello, rifiuta questo stato di cose. C’è bisogno di viaggiare, aprirsi a nuove culture. Io cerco di farlo. Collaboro spesso con autori latini, sono stato nei pub di New York a fare l’open mike come in Sudamerica per scrivere con autori cileni.»
Cosa ti ha aperto le porte per tutte queste collaborazioni?
«Quando sono partito per l’America non conoscevo molto. Di solito da cosa nasce cosa, la musica mi porta a fare conoscenze e sono aperto a tutte le contaminazioni. Sembra incredibile ma è così. Poi il fatto di essere stato lanciato da queste apparizioni in tv in Italia anni fa, mi ha aperto le porte di tanti mercati. Nelle Filippine ho scoperto di essere molto seguito, tanto che a Milano, la città da cui provengo, la comunità filippina mi invita ai raduni. Sanremo è molto visto in America del Sud, quindi tutto parte da lì credo, da quel Chiaraluna del 2003. Anche il fatto di aver avuto un contratto con un’etichetta molto potente come la Sony in un’epoca in cui puntavano molto sui cantanti nuovi è stato d’aiuto. Ora è molto diverso.»
Esci con questo progetto con Pirames. Come ti muoverai nei prossimi mesi?
«Uscirà un disco a nome mio, lo sto terminando in questi mesi. Il panorama italiano è molto frammentato, il paese è piccolo e ci sono poche occasioni di far emergere le proposte inedite. A esclusione dei talent, dove fanno solo cover. In Francia ad esempio la musica d’autore nuova viene tutelata, forse anche da noi il governo dovrebbe pensarci.»
Sei tornato dopo 5 anni, come ti presenteresti al tuo pubblico?
«Sono il cantante delle emozioni, inglobo emozioni e scrivo. C’è bisogno di amore, sono credente e guardo il mondo come guardo me, senza chiudermi nel mio giardino. Questa è una definizione che mi rappresenta.»
Non molti rivelano le proprie idee religiose.
«Sono molto interessato al tema, soprattutto perché arrivo da fasi alterne con il mio rapporto con Dio. Poi ho incontrato un sacerdote che mi ha detto: se vuoi puoi leggere il Vangelo anche sul tuo smartphone. E mi si è aperto un mondo. Quando sono stato a Marrakesh ho visto che la città a un certo orario si paralizza in silenzio per pregare. È una situazione bellissima, tutti uniti per un solo fine. Da noi la Chiesa ha fatto bene a dare l’esempio con il nuovo papa, ha tolto gli orpelli, ma un solo uomo non può cambiare un’architettura secolare.»