Mario Contarino è un ragazzo come tanti: ha 28 anni, ama la musica e cerca con tutto se stesso di realizzarsi in questo settore. Allo stesso tempo però, Mario è un ragazzo unico nel suo genere, speciale modello per tutti i suoi coetanei. A soli 5 anni i medici gli hanno diagnosticato la distrofia muscolare di Duchenne, ma questo, pur cambiando radicalmente la sua esistenza, non ha alterato i suoi sogni. “Universe of Emotions” è il titolo del primo album di un ragazzo che ama la sua vita, cercando di assaporarne ogni attimo. Un universo di emozioni è quello che Mario ci regala traccia dopo traccia. Un ragazzo timido, che preferisce il linguaggio complesso della musica alle semplici parole …
Abbiamo avuto modo di ascoltare il tuo disco “Universe of Emotions”, ma iniziamo parlando di te: chi è veramente Mario Contarino?
«Sono un ragazzo ventottenne di Roma con origini siculo-americane e soprattutto con un grandissimo amore per la musica.»
Nella tua biografia scrivi che il tuo amore per la musica è iniziato prima della malattia. Ricordi come era il tuo rapporto con essa prima che ti diagnosticassero la Distrofia di Duchenne?
«No, purtroppo no. Mi è stata diagnosticata a 5 anni, ascoltavo la musica solo con le audiocassette in macchina durante i viaggi, quindi ero molto piccolo per notarlo.»
Quando hai sentito l’esigenza di iniziare a comporre? E da cosa principalmente prendi ispirazione?
«Intorno ai 20 anni, sentivo che mancava qualcosa nella mia vita, non riuscivo a esprimere tutte le mie emozioni al massimo, in questo modo ci riesco! Le mie fonti di ispirazioni sono infinite, vanno dai periodi agli umori che vivo, alla musica che ascolto.»
A 16 anni sei entrato a far parte della famosa band “Ladri di carrozzelle” con cui hai fatto anche molti concerti. Come ricordi adesso quell’esperienza? Quanto hai imparato dal lavoro di squadra e anche da altre persone affette dalla tua stessa patologia?
«La ricordo come una cosa molto lontana, ma mi è servita molto come gavetta. Abbiamo suonato in tutti i posti e le situazioni possibili, dalle sagre ai palchi con impianti spettacolari. Il lavoro di squadra l’ho trovavo molto stimolante anche se spesso quando si è in troppe persone diventa tutto più complicato. Le altre persone con la mia stessa patologia mi hanno fatto capire un sacco di cose molto importanti…»
Con i “Ladri di carrozzelle” suonavi un genere pop-rock, il tuo cd invece è chiaramente più metal, hard-rock … Ti sei ritrovato insomma a comporre brani molto diversi da quelli che avevi suonato fino a poco prima. Da dove è nata l’esigenza di questo cambiamento? Credi che questo tipo di musica ti rispecchi di più? E come?
«In realtà io non sono mai stato amante della musica pop, anzi: sono nato con il rock che scorreva già nelle mie vene! Ho sempre ascoltato rock di tutti i tipi fin da adolescente. Anche mentre suonavo con loro, appena tornato a casa, mi mettevo ad ascoltare musica rock e metal a tutto volume. Mi sentivo stretto in quel ruolo, avevo bisogno di qualcosa di più.»
“La musica rende possibile quello che sembra irrealizzabile”… tu ne sei la prova tangibile, non è vero?
«È verissimo. Quello che mi ha tolto la malattia riesco a dimenticarlo con la musica soprattutto quando la scrivo! Vorrei sentire più storie come la mia nei telegiornali invece di sentire parlare solo di guerre, tragedie e scandali politici. La vita è la cosa più preziosa che abbiamo,non vale la pena buttarla via così.»
Grazie alla tua passione, ai sogni che con tanti sforzi riesci a realizzare, inevitabilmente ti ritrovi a essere un modello per molti giovani. Cosa speri che cambi nella vita degli altri dopo averti conosciuto e ascoltato la tua musica? E soprattutto qual è il messaggio che vuoi dare ai ragazzi di oggi?
«Vorrei che riflettessero e capissero che i problemi nella vita sono altri. Non la squadra di calcio che perde, o il telefonino che non è l’ultimo modello. Dovrebbero riscoprire i veri doni della vita e coltivare sogni. Non seguendo le mode, ma il cuore. Bisogna sapersi distinguere dalla massa e credere in se stessi.»
Hai fatto di tutte le tue mancanze delle meravigliose risorse: come ci sei riuscito?
«Sicuramente grazie alla passione smisurata per la musica e all’enorme forza di volontà. Non si deve mai gettare la spugna: se credi fermamente in qualcosa, devi portarla avanti, chi non lo fa è un perdente.»
Hai iniziato facendoti notare grazie alle tue originalissime cover. Poi, grazie alla Zeta Factory hai visto la realizzazione concreta del tuo primo disco. Qual è il progetto su cui ti stai concentrando in questo periodo?
«Sto raccogliendo fondi tramite Musicraiser per realizzare un videoclip professionale del mio brano Jungle Island.
Il sogno si realizzerà il 4 Giugno a Roma al Jailbreak, dove alcuni fra i migliori musicisti italiani, e non, fra i quali: John Macaluso, Lorenzo Feliciati, William Stravato, Giacomo Anselmi e molti altri… porteranno dal vivo la mia musica! E per concludere in bellezza sto finendo di scrivere il secondo disco del mio progetto.»