Il musicista Herman Medrano, conosciuto soprattutto per le sue rime in padovan – veneziano, torna a presentare un nuovo lavoro insieme ai Groovy Monkeys. “Noseconossemo” è l’ultimo album partorito grazie a questa particolare collaborazione. Un progetto ambizioso e intenso, capace di mostrarci in maniera intensa il marcio che ci circonda, un vero e proprio disco – denuncia della società contemporanea. Un lavoro basato sulla contaminazione linguistica che ci dimostra come anche i dialetti locali siano vere e proprie lingue capaci di unirci e arricchirci.
Quando ma soprattutto com’è iniziata la vostra collaborazione?
«È accaduto quasi per caso, io volevo lasciare il mondo della musica per potermi dedicare ad altre forme di comunicazione, come il teatro, i monologhi… Poi, un giorno sono stato invitato a fare una prova con i Groovy Monkeys e jammando insieme è scattata subito un’alchimia che ha emozionato tutti. Da lì le cose si sono evolute in fretta e in 3 anni abbiamo quasi 100 live all’attivo, un doppio cd live e un nuovo album di inediti.»
Da dove è nata invece l’idea di “Noseconnossemo”? Qual è stata la gestazione di questo nuovo album?
«”Noseconossemo” è uno di quei giochi di parole che mi piacciono. Spostando la virgola fra i vocaboli No Se Conossemo si gioca sul senso che si ottiene. Al di là del titolo la stesura del disco è stata lunga e impegnativa. Tra pre-produzione, prove e registrazione è passato un anno, periodo in cui abbiamo cercato di affinare le canzoni e lo stile per proporre qualcosa di diverso e inaspettato. Speriamo che questo il pubblico lo percepisca, ma vista la risposta ai concerti e all’ascolto del disco direi di si.»
In quest’ultimo lavoro, forse molto più che negli altri cd la lingua gioca un ruolo fondamentale. Quanto è importante per voi il dialetto?
«Cosciente del fatto che non tutti capiscono la nostra lingua e che ci rivolgiamo ad un pubblico italiano multilingue, la scelta di non scrivere in italiano ma in veneto dà il senso di continuità con i lavori svolti negli ultimi 10 anni e caratterizza la nostra produzione. Se parlassimo in italiano tutti i giorni verrebbe molto più naturale scrivere canzoni in italiano, ma così non è.»
Ritenete il vostro dialetto lingua più importante dell’italiano?
«Per essere precisi non è un dialetto dell’italiano, bensì una parlata del veneziano, lingua esistente prima dell’italiano con letteratura e grammatica. Ma la questione dell’importanza non sussiste, è l’uso che se ne fa che ci interessa. Per esprimere dei concetti e renderli fruibili ho sempre usato la lingua che ho ritenuto più adatta allo scopo. Non c’è una graduatoria, si parla la lingua consona al messaggio e al destinatario.»
Avete pensato a scrivere un pezzo interamente in italiano per una volta?
«Personalmente, in più di 20 anni di rap sono passato dall’inglese all’italiano, per arrivare al veneto senza alcun rimpianto. L’idea si ripresenta saltuariamente, anche se non la prendo mai seriamente in considerazione. Mi piace pensare che come ci si sforzi per comprendere un pezzo in inglese, un po’ ci si dovrebbe impegnare per capire le lingue del nostro paese che non si conoscono completamente.»
Molte parole del dialetto veneto non sono facilmente comprensibili da chi non lo conosce. Eppure il ritmo delle vostre canzoni prende indipendentemente dal testo. Come giudicate questo tipo di reazione da parte del pubblico?
«La musica è un linguaggio universale, qualsiasi sia la lingua. In Italia si è molto esterofili, ma è una scelta riduttiva: bastI ascoltare le tantissime band che usano il dialetto per esprimersi.
In Francia e non solo, le radio sono “obbligate” per legge a passare una percentuale alta di musica autoctona, qui invece vince spesso la canzonetta d’amore e l’artista straniero famoso.»
Parlateci delle collaborazioni del cd e quindi delle contaminazioni linguistiche dovute alla presenza di ospiti interessantissimi..
«La mescolanza di diversi idiomi crea una bella energia, ci rende partecipi di mondi a noi sconosciuti ma molto vicini. Siamo orgogliosi di esser riusciti a radunare molti artisti con un’unica richiesta: utilizzare la propria lingua. È un bella soddisfazione. Tutti hanno aderito con entusiasmo, prova che la proposta è stata recepita e capita. Da nord a sud tocchiamo un po’ tutte le zone d’italia: Caparezza per la Puglia, Roy Paci per la Sicilia, Piotta per il Lazio, Manu PHL per la Toscana, Dellino per la Lombardia, Skardy, Balasso e El Giovanelo per il Veneto oltre al sottoscritto. Potevamo aggiungerne altri, ma un solo disco non sarebbe bastato per duettare con altri artisti con lingue storicamente poco rappresentate in musica.»
Quali sono i vostri progetti futuri?
«Beh, per ora pensiamo a promuovere al meglio “Noseconossemo”. Insomma, si procede a piccoli passi. Poi per il futuro nessuno può dire cosa accadrà, per ora siamo concentrati sul tour estivo: abbiamo, infatti, moltissime date. Siamo una realtà completamente auto-prodotta, in futuro punteremo a dei live fuori dai confini veneti.»