È stato un incontro tra amici, quello che il cantautore catanese Franco Battiato ha tenuto all’Arena del mare di Salerno, tra battute e interazioni con il pubblico, l’Apriti Sesamo tour ha misticamente
affascinato il pubblico.
Ad aprire il concerto è stato il giovane Giovanni Caccamo di Modica, che in questi giorni spopola in radio con la canzone L’indifferenza e di cui Battiato ne è il produttore.
Battiato, seduto al centro del palco su di una grossa panca coperta da un tappeto persiano, dava l’effetto del famoso baule di Nodo alla gola, dal macabro e misterioso contenuto. Inotorno a sé i musicisti, disposti su tre piani differenti, con al centro i maestri del Nuovo Quartetto Italiano (Alessandro Simoncini primo violino, Luigi Mazza secondo violino, Demetrio Comuzzi viola e Luca Simoncini violoncello).
La scaletta dello spettacolo non è stata la solita delle tappe scorse, ci sono stati alcuni stravolgimenti, ma ad aprire la serata è toccata sempre alla bellissima e intensa canzone Un irresistibile richiamo, le cui parole “ti saluto divinità della mia terra”, sembrano essere rivolte a Giuni Russo.
Quand’ero giovane, Passacaglia, La polvere del branco, canzoni dell’ultimo e ventottesimo album Apriti Sesamo, nel quale Battiato, con la sua poetica, porta e abitua sempre più l’ascoltatore in una relazione intima e ampliata con le fondamentali qualità umane, con il sesso, la carità, la fede, la spiritualità, l’autostima, l’ingenuità adolescenziale, la purezza del corpo e della mente.
Anche se il maestro ha diverse volte ribadito che ad alcuni testi non vi è alcuna spiegazione e non hanno un vero e proprio messaggio, ma solo un insieme di parole e immagini evocative che assemblate creano un bel suono, ascoltando Il Re del Mondo, si evince che a volte non dobbiamo dare ascolto a quello che dice Battiato. Il Re del mondo è una canzone di grande spessore poetico: “Strano come il rombo degli aerei, da caccia un tempo, stonasse con il ritmo delle piante, al sole sui balconi”. Una bella contrapposizione tra l’inutile follia umana e la tranquilla e potente vita quotidiana. Il Re del Mondo s’ispira all’omonima opera del francese Renè Guenòn, uno scrittore “esoterico” per eccellenza.
Poi ha attaccato con Un’altra vita, bellissima testimonianza della ricerca umana. È arrivato poi il momento delle cover come Te lo leggo negli occhi (1964) di Dino, La chanson des vieux amants di Jacques Brel e La Canzone Dell’Amore Perduto.
«Ho scritto in poche ore e l’ho cantata subito questa canzone – dice Battiato – e mi sembrava una cazzata, perché di solito uno lavora alle canzoni, e, mi ricordo che Giusto Pio che l’ascoltò, disse: no, io non la metto nel disco, troppo facile, poi mi convinse effettivamente, bisogna anche dire che noi artisti, from time to time, come dicono gli inglesi, abbiamo aiuto dall’alto, era questa: Prospettiva Nevskij.» Un testo, un’opera d’arte che finisce con la frase: “e il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”. Il maestro è Georges Ivanovič Gurdjieff, filosofo e scrittore greco-armeno, con il quale Battiato ha un’affinità intellettuale.
Ottimista, paziente, ricettivo, altre caratteristiche del saggio maestro Franco Battiato che in La stagione dell’amore sembra darci ottimi consigli su uno dei problemi che attanagliano l’animo umano.
«Devo dire che i dischi che ho fatto agli inizi degli anni ’70 si rivelarono per me, come una cosa inaspettata, perché Jim O’Rourke, il produttore dei Sonic Youth, ha pubblicato tutti i miei dischi in America, mentre in Giappone hanno fatto degli omaggi, sempre però cose di nicchia» – e arriva il primo medley della serata con Da Oriente a Occidente, Aria di rivoluzione e Propriedad Prohibida.
Si continua con Caffè de la Paix, noto locale parigino dove Gurdjieff scriveva i suoi libri e si prosegue con una delle canzoni di Battiato, entrata nella storia della musica e non solo italiana I treni di Tozeur, canzone con la quale ha partecipato nel 1984 all’Eurofestival, arrivando al quinto posto. Poi si passa alla canzone più attesa dal pubblico, La Cura, testo scritto a quattro mani con Manlio Sgalambro, nata da un’ispirazione superiore. Si arriva allo sprint finale con Tutto L’universo Obbedisce All’amore, inserito nell’album Fleurs 2, in un duetto inedito con Carmen Consoli. E ti vengo a cercare, profonda e suggestiva, tratta da uno dei migliori album, Fisiognomica (1988). Bandiera Bianca/Up Patriots to Arms, uno dei tanti brani dove si è divertito a frammentarli, iniziando con la recitazione di un incipit in lingua araba, da sottofondo l’ouverture del “Tannhäuser” di Richard Wagner. L’Era del Cinghiale Bianco, ogni verso porta a una qualche citazione da approfondire. Summer On A Solitary Beach, meravigliosa canzone che rimanda a un’ipotetica estate siciliana trascorsa dal maestro. Applausi su applausi per la canzone denuncia, Inneres Auge, dal tedesco, occhio interiore. La chiusura dello spettacolo viene segnata con Voglio vederti danzare, momento in cui il pubblico si è scatenato nelle danze. Ad accompagnare Battiato, oltre al citato Nuovo Quartetto Italiano, ci sono Carlo Guaitoli al pianoforte, Angelo Privitera alle tastiere e programmazione, Andrea Torresani al basso, Giordano Colombo alla batteria, Simon Tong e Davide Ferrario alla chitarra.
Inizia la prima parte dei bis, con L’animale e Lode all’inviolato, alla fine di quest’ultima canzone, Battiato ha esclamato: «La nostra vita non è materiale, questo è il problema».
Stranizza d’amuri, una grande e impareggiabile poesia in siciliano, ricordi di un amore vivo in un periodo oscuro come la guerra, una delle più grandi canzoni scritte dal maestro.
Battiato ha abituato il suo pubblico, durante i bis, a fare le richieste, proprio come se fosse un juke box, e proprio da questa scelta del pubblico Battiato canta L’ombra della luce, ispirata dal Libro Tibetano dei morti, che l’ha influenzato molto, canzone considerata dallo stesso, uno dei suoi più alti scritti riflessivi.
Con Cuccurucucù, un’altra canzone pienissima di citazioni musicali, culturali, letterarie e religiose, il cantautore esclama: «sono vicino alla distruzione fisica». Il concerto finisce, lui immobile canta Centro di gravità permanente, inno multi generazionale pieno di metafore e con un semplice giro di do, Franco Battiato ha fatto di Centro un’innovazione epocale. Battiato è un artista non convenzionale, libero di esprimersi, e al di là delle similitudini poetiche, è un fedele pensatore unico e assoluto.