Incesto, pedofilia, violenza familiare, suicidio. Questi i temi scottanti racchiusi in Miss Violence, il film che narra le sorti drammatiche di una famiglia patriarcale nella quale regna il potere “malefico” e violento di un padre precario e brutale. Una famiglia che fa finta di non vedere, che sta festeggiando l’11° compleanno di Angeliki, quando la ragazzina si butta dal balcone. Suicidio, appunto, ma la famiglia parla d’incidente e tira avanticome se nulla fosse accaduto. E il segreto, di tanto subdolo silenzio, va ricercato negli stessi componenti: il padre (ThemisPanou), la madre (Reni Pittaki), la giovane Eleni (Eleni Roussinou), l’adolescente Myrto, i piccoli Alkmini e Filippos.
«La brutta storia che ci accade accanto, dove nessuno decide di fermare la violenza, la porta rimane chiusa, perché nessuno vuole vedere». Così il regista greco Alexandros Avranas presenta la sua opera seconda in Concorso a Venezia 70: Miss Violence, il primo film scandalo della Mostra. «Non è una guerra tra uomini e donne, perché il potere non ha sesso, sebbene la violenza sia insegnata dal padre nella società patriarcale», afferma Avranas, aggiungendo che il film è ispirato alle drammaticità di una storia vera accaduta in Germania ma sottolinea l’universalità: «Potrebbe accadere in Europa, ovunque».
Inoltre, il regista spiega come è riuscito a trasmettere ai piccoli attori la capacità di interpretare scene molto drammatiche. «Non ho nascosto loro nulla, abbiamo letto insieme la sceneggiatura con i loro genitori, che ci hanno dato grande supporto durante le riprese. Questi bambini hanno dato voce ad altri, e non solo per pederastia e incesto».