Per il ciclo Venezia a Napoli – il cinema esteso, giovedì 26 settembre, al Filangieri di Napoli il regista Gianfranco Rosi ha presentato e commentato la proiezione di Sacro GRA (prodotto da Marco Visalberghi per Doclab, coprodotto da Carol Solive per La Femme Endormie con Rai Cinema e con il sostegno del MIBAC) film–documentario vincitore dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Il progetto filmico è un simbolo del reale, il cui Leone d’Oro conferitogli a Venezia, non ha fatto altro che confermare la capacità del regista di girare film da solo ed in particolar modo di creare un’attenzione maggiore sul cinema sociale, capace appunto di mettere in luce quello che molto spesso ci sfugge. Realtà sconosciute che spesso ci sembrano lontane, ma che fondamentalmente sono più vicine di quanto si possa immaginare.
Dopo l’India dei barcaioli con Boatman nel 1993, Afterwords nel 2001, Below Sea Leve nel 2008, il Messico dei killer del narcotraffico con El Sicario nel 2010, Gianfranco Rosi decide di trasferirsi per quasi due anni con un mini-van sul Grande Raccordo Anulare di Roma – l’anello autostradale che circonda Roma – alla scoperta di un luogo magico, con lo scopo di raccontare storie fatte di un’umanità insospettabile, esilarante e poetica. «Ho vissuto sul raccordo per quasi due anni in un’altra dimensione, quasi a credere che non stessi a Roma, bensì in un altro luogo. La grande ricerca di questo film si è basata soprattutto nel trovare dei personaggi che avessero una dimensione poetica, la marginalità dell’essere al di fuori di tutto, un luogo privo d’identità che potrebbe essere il Raccordo Anulare, ma anche l’Italia. Credo, infatti, che il problema di questo paese non sia la crisi economica, ma la mancanza d’identità sempre più frequente».
Il film, scritto, diretto e fotografato da Gianfranco Rosi è nato da un’idea di Nicolò Bassetti. «A differenza di altri miei lavori, questo film nasce appunto da un’idea di Nicolò Bassetti. Paesaggista, urbanista, Nicolò ha percorso il Raccordo Anulare a piedi per 300 km in 20 giorni. Dal suo racconto sono rimasto affascinato, a tal punto da voler toccare con mano quella sensazione avvertita ascoltando la sua spiegazione. Nicolò non ha fatto altro che donarmi gli strumenti per scoprire un nuovo mondo, diverso da quello che solitamente viviamo e immaginiamo. Ed è così che ho voluto raccontare i miei ultimi due anni trascorsi intorno al Grande Raccordo Anulare.»
Un film d’autore di forte impatto in cui il regista incontra, conosce, fotografa e riprende, attraverso la sua macchina da presa, storie e personaggi che camminano al confine tra la realtà e la finzione, senza mai valicarlo. «La grande sfida di questo documentario si è basata sulla sottrazione, sul chiudere la porta verso la realtà anziché aprirla, anche se siamo abituati ad andare sempre oltre a non fermarci all’apparenza. Con questo film ho voluto raccontare, attraverso le storie del nobile piemontese e la figlia laureanda, l’anguillaro, l’attore di fotoromanzi, il barelliere del 118 che ho nominato l’angelo della notte e il palmologo, un mondo molto complesso, non andando oltre, ma chiudendo appunto la porta».