Il Piccolo Bellini apre la sua stagione 2013/14 con Uccidete le madri, monologo scritto e diretto da Camilla Cuparo e interpretato da Luigi Iacuzio (in scena fino a domenica 27).
Lo spettacolo prende spunto da un fatto realmente accaduto in un paesino in provincia di Reggio Calabria. Il figlio minore di un’umile e rispettata famiglia, Enzo, decide di “diventare capo” di una banda e di mettersi contro uno dei capi mafia del paese. Nonostante l’avvertimento alla famiglia, il ragazzo non abbandona la sua idea di scalata al potere e così viene così ucciso.
La madre, Lina, accecata dal dolore ma anche facendosi vincere dalla superbia, riuscirà a costringere il marito a vendicare l’offesa subita. La conseguenza inevitabile sarà la morte stessa dell’uomo. Ma anche una lunga e meditata vendetta da parte della donna, che trascinerà nel vortice della sua ossessione anche la figlia Lisa e porterà il figlio maggiore, Vito, protagonista di questo monologo, a prendere una drammatica, estrema decisione…
Fulcro del dramma non è tanto il sentimento della Vendetta quanto, come suggerisce l’autrice, quello della Superbia (“imitazione perversa di Dio”) che lo genera. E a Dio pare voglia sostituirsi la madre, nella convinzione di poter interpretare la volontà dei morti e decidere il destino dei vivi e di chi ancora deve nascere.
Nella finzione scenica, l’azione è trasportata in provincia di Napoli. La sobria quanto efficace regia mette in risalto la solitudine di un uomo, Vito, facendolo “dialogare” con un personaggio muto e invisibile. Semplici e abili cambi luce non solo suggeriscono le diverse ambientazioni del racconto, ma anche i sentimenti contrastanti del protagonista.
Il convincente Iacuzio supera la prova a pieni voti, regalandoci un personaggio pieno di sentimenti contrastanti. L’interpretazione misurata, la rabbia repressa, il dolore contenuto, gli permettono di passare con disinvoltura dal racconto a frammenti di azione, interpretando anche gli altri personaggi di questa moderna tragedia greca. Particolarmente emozionante l’evocazione della madre, dove sarebbe facile scadere nel caricaturale. Personaggio che invece la sobrietà registica e l’incisività attoriale rendono non solo verosimile, ma anche inquietante.
Da vedere.