“Finché morte non ci separi”. Si chiama così la nuova collezione dello stilista Gianni Molaro. Una frase simbolo che, ormai da sempre, suggella il giorno del “Sì”. Ma Gianni Molaro, per la prima data del suo defilé, la frase “Finché morte non ci separi”, ha voluto usarla come provocazione. Per lanciare un messaggio sociale contro il femminicidio. La cronaca nera, oggi, si riempie di drammi. Troppe, attualmente, le donne picchiate dagli uomini. Troppi i matrimoni finiti con la morte della donna, causata precocemente dalla forza maledetta e malvagia dell’uomo che amava. Nella suggestiva location di Bacoli, le modelle di Gianni Molaro sono salite in passerella con lividi sul volto, sangue ed occhi pesti, per un’attualissima sfilata shock. Dopo un momento di defilé classico e candido, infatti le modelle sono entrate in pedana con volti truccati in maniera estremamente scenografica per farle apparire reduci da percosse, pur indossando ancora gli abiti bianchi ed acconciature glamour. Le giovani modelle hanno sfilato fingendo di coprirsi timidamente il volto ed i lividi, proprio come molte donne – vittime di violenza – tentano invano di nascondere i segni delle percosse subite tra le mura domestiche.
Incontriamo lo stilista Gianni Molaro che ci concede una cordiale intervista.
Stilista di alta moda ma anche di splendidi abiti da sposa. Due atelier all’attivo (San Giuseppe Vesuviano e Roma). Cosa è cambiato rispetto al concetto di matrimonio negli ultimi 20 anni?
«È cambiato il gusto, ma altrettanto sono cambiato io. Quando ho inaugurato il mio primo Atelier 23 anni fa, in Campania, a San Giuseppe Vesuviano, realizzavo abiti che non mi piacevano molto. Oggi, invece, le mie creazioni mi piacciono molto. Ho sempre amato la donna con trasparenze, scollature, seni push-up. La moda oggi permette di “osare” ed è la sposa che oggi le ragazze vogliono. È un enorme piacere per me vestirle, abbellire il loro corpo come se l’abito fosse una cornice ed il loro corpo fosse il quadro. Ogni collezione è composta da numerosi abiti. Ci sono tantissimi modelli nuovi ogni anno e la sposa che sceglie noi, viene seguita dal giorno delle prove, fino al giorno del matrimonio, poiché è mia usanza andare a vederle anche sull’altare il giorno del “Sì”. »
Abiti bellissimi indossati da candide modelle il cui viso è segnato da colpi di violenza. Più che una campagna pubblicitaria per l’atelier, il tuo appare come un forte messaggio sociale.
«Fondamentalmente, è questo lo scopo della sfilata. La nuova collezione si chiama, appunto, “Finché morte non ci separi”. Il matrimonio è il momento più bello per una donna. Ed è per lei la realizzazione del proprio sogno d’amore, attraverso il quale lei sogna una vita felice, insieme al proprio compagno ed ai figli che nasceranno da questa unione. Purtroppo, spesso però, i matrimoni vanno male e la donna si ritrova avvolta in un tunnel di violenza alla quale non riesce a ribellarsi e da cui ne esce morta. E questa sfilata, vuole essere un messaggio per tutti gli uomini – oltre che per le donne mamme, di cui ti cui ti parlerò dopo!(aggiunge, mentre colloquiamo, ndr). Che serva ad aiutare questi maschi ad abbandonare la loro cultura, o sottocultura, patriarcale. Che li induca a capire che la loro donna non è un oggetto da possedere, ma un essere prezioso da amare.»
Oltre che per “redimere” gli uomini, hai detto che la sfilata è anche per le donne mamme. Che cosa vuoi dire?
«Il mio è un messaggio anche per le donne. Innanzitutto, credo molto nel ruolo della donna nella società. La donna oltre ad essere moglie, è amante e madre. E questi ruoli li noto, ogni giorno con le mie spose. Noto, quando vengono all’atelier, il legame che c’è sempre tra madre e figlio. E, purtroppo, spesso, è proprio la madre dell’uomo che parla male delle altre donne al proprio figlio. Quasi come a volerlo mettere in guardia dall’essere femminile. E da questi atteggiamenti, ne deriva un’educazione sbagliata. Le mamme, dovrebbero, invece, trasmettere al proprio figlio il concetto di rispetto e di amore verso la donna stessa. I generi umani sono solo due. Uomini e donne. Dobbiamo rispettarci reciprocamente e non vincere sull’altro a suon di violenza. Proiettata, spesso, anche sui bambini che nasceranno.»
Un unico manichino con il viso deturpato da violenza, ha simboleggiato anche il tuo stand all’ultima edizione di TuttoSposi, da poco conclusasi a Napoli.
«Sì, anche in occasione della Fiera del Wedding a Napoli, non ho voluto fare uno stand classico come fanno, un po’ tutti alle fiere di settore. Volevo solo lanciare il messaggio antiviolenza con un abito da sposa. Chi vuole vedere la mia collezione, viene al mio atelier a San Giuseppe Vesuviano o a quello di Piazza di Spagna a Roma. Così potrà toccare gli abiti con mano, provarli gratuitamente, senza nemmeno l’obbligo di pagare il biglietto d’ingresso come in fiera. Mi piace pensare che la gente sia venuta qui a pagamento, per vedere un’opera d’arte, piuttosto che la mia collezione.»
Quanto alla fiera TuttoSposi, hai riempito uno spazio angolare alla fine di un semplice corridoio. Va a te il plauso di aver saputo mettere in luce una location quasi “dimenticata” al termine di un “percorso obbligato”, imposto dalla perimetria dei padiglioni della Fiera.
«Sono stato sempre un provocatore in fiera! Questo posto lo scelgo da più di 10 anni. Mi piaceva l’idea del corridoio. Anche se questo è un posto che tutti snobbavano preferendo posti migliori e stand più belli. Io, negli anni, con le mie provocazioni l’ho trasformato nel posto più appetibile della fiera. Un anno, rappresentai la prima notte di nozze della Regina Elisabetta. Misi una scultura raffigurante la Regina nuda nel letto, con tutta la scenografia della stanza e degli arredi! Un altro anno, invece, volli rappresentare “Lo Sposalizio della Vergine”, collocando nello stand una scultura di una 90enne in abito da sposa. E per queste mie idee di provocazione, c’è stato sempre un assenso-dissenso. Il tema di quest’anno, invece, ha sortito un consenso unanime. Da una parte, del successo di questo successo, ne sono felice perché il tema sociale ed estremamente delicato è stato capito. D’altra parte, invece, mi piace quando provoco anche critiche e dissensi. (aggiunge sorridendo! ndr)»
Sono iniziate le tue sfilate degli abiti da sposa, ma ti dedichi anche all’alta moda.
«La sfilata di Bacoli, ha aperto ufficialmente la collezione sposi. Ci saranno altre date tra novembre e dicembre. Ma sono concentrato anche sulla realizzazione di nuovi abiti perché il 28 Gennaio sfilerò con la collezione di Alta Moda. »
A proposito di alta moda, hai “vestito” molti personaggi dello spettacolo. Attualmente, stai creando qualche idea per il mondo artistico?
«Oltre ai vari abiti realizzati in passato (in molti ricorderanno il bellissimo abito scenografico dell’ultimo Sanremo della compianta Nilla Pizzi, ndr), l’ultimo in ordine di tempo, è quello di Amii Stewart nel concerto live di Gianni Morandi. L’abito rosso indossato da Amii è il mio. Ma richieste dal mondo dello spettacolo mi arrivano spesso. Molti “VIP” sono amici miei. Per cui ho un bel rapporto con loro. Pensa che in occasione di TuttoSposi, Elisabetta Gregoraci, ospite della manifestazione è passata al mio stand. Non c’eravamo mai conosciuti personalmente. Lei, la più fotografata nel mondo vip, ha fotografato il mio stand, mi ha mandato una mail chiedendomi il mio recapito. E sono cose che, quando accadono, fanno molto piacere. Attualmente, sono molto concentrato a lanciare bene l’atelier di Piazza di Spagna che, fin dall’apertura, ha riscosso un buon successo. Ma la moda necessita sempre di lavoro costante.»