Si chiama 20 The Greatest Hits, il secondo best of di Laura Pausini, la stella della musica italiana più amata all’estero. E con questa occasione (debuttò) a Sanremo proprio nel 1993, 20 anni fa) alla soglia dei quaranta, la cantante romagnola si racconta come suo solito in parole, musica, incontri stampa lunghissimi e piacevoli. Anche nel cd (che esce anche con allegato dvd e in vinile deluxe) c’è un’ampia gamma di ricordi e retroscena che la Pausini ha voluto scrivere di suo pugno.
Non è un best of convenzionale. «Mi sono accorta che il repertorio andava rimodernato – dice alla presentazione ufficiale del disco all’Armani Hotel di Milano, voluto perché Armani è partner del lancio – canzoni come Non c’è sono ricche di suoni datati. I pezzi li adoro tutti, gli ho scelti con estrema cura in prima persona passando da un’ipotetica raccolta di 4 cd a una più agevole di 38 pezzi in 2 cd. Mi hanno detto alla casa discografica che non sono artista di nicchia, dovevo fare una raccolta che arrivasse a tutti». Quindi tutti i singoli di successo, almeno i primi due per ogni album della sua discografia, alcuni duetti (Michael Bublè e Charles Aznavour su tutti) e tanti ripescaggi rimaneggiati.
Ovviamente c’è La Solitudine: «Sarò sempre grata a quella canzone – dice con modestia – perché senza di quella non avrei preso il volo dalla provincia italiana in tutto il mondo. Anzi sono sempre stata contenta di non essere stata presa a Sanremo 92 dopo aver vinto Castrocaro perché a quel tempo non avevo La Solitudine. E quindi tutto succede non a caso. Per rifarla però ho chiamato un genio, Ennio Morricone. Non so dirvi quanto lo stimo, per me è la musica. E poi è anche molto umile. Ci siamo incontrati dopo una telefonata e gli ho detto: Maestro, faccia quello che vuole di questo pezzo mi fido. Dopo poco si è messo a lavoro, conosceva la canzone come “quella di Marco”, il che è stato molto divertente. Poi ogni cambio di arrangiamento, ogni strumento che sceglieva mi chiamava per avvertirmi. Che umiltà. Mi ha detto una volta: Posso mettere dei corni? Morricone che mi chiede il permesso? Io gli ho risposto, metta tutte le corna che vuole».
Laura Pausini, 100 milioni di pezzi venduti nel mondo, popolarità senza uguali (solo Bocelli, forse) in America del Nord e Sud, quando si racconta è un fiume in piena. Regala pezzi di vita italica di valore incommensurabile. E rilegge con disinvolta ironia quello che le è toccato vivere, dopo che in epoche diverse un successo così planetario a un italiano era capitato solo a Modugno e Ramazzotti. «Quando lavoravo nei piano bar con mio padre ed ero una ragazzina non volevo essere giudicata, per me c’era solo la voglia di avere un microfono e cantare. Tutta la musica mi ha formata. Dalla mazurca ai Casadei, dal rock al pop, tutto ha una sua dignità. Però ho sempre avuto un occhio per le cose diverse da me. Per questo ho cantato con Kylie Minogue nel primo singolo del disco, Limpido. Non c’è un’artista più diversa da me. L’ho contattata e lei è venuta a Roma. Mi aspettavo una diva invece ho conosciuto una persona squisita che ha scelto lei stessa di cantare quel pezzo dopo esserselo fatto tradurre». E si scopre anche che Limpido – che impazza nelle radio anche all’estero – potrebbe essere un nuovo inno contro l’omofobia: «Il vero messaggio di quel testo è: svelatevi per quello che siete. Io dico a tutti i ragazzi di essere come vogliono, e soprattutto di dirlo. Io quando incontro qualcuno devo essere sicura di avere davanti una persona vera. Quindi non c’è paura di dire se si è omo o etero, bisogna farlo. E i tragici suicidi che stanno avvenendo in Italia in questo periodo mi fanno male».
RIMANEGGIARE CON CURA – Accanto alla scaletta classica dei suoi successi (che porterà in tour da dicembre) ci sono nella raccolta anche dei pezzi nuovi. «Il mio genere è questo e mi dispiace per quelli che mi dicono di cambiare. Io se sento questa musica la voglio anche fare. Poi come gusti personali posso anche dire di saper apprezzare il cantautorato, ma non sono io che lo posso fare. Per questo ho scelto nella ricerca dei nuovi brani, cose che mi potessero raccontare. Ed è venuta fuori Se Non Te, il nuovo singolo, da una frase che avevo in mente e che con Niccolò Agliardi abbiamo sviluppato. Potrebbe essere una canzone d’amore, un messaggio a un figlio. Nel video però il tema è incentrato sulla coppia che più amo, che è insieme da 40 anni. I miei genitori senza i quali non sarei qui». Si commuove fino alle lacrime tentando di descrivere il rapporto che c’è con i suoi e con il nuovo nucleo che ha formato, la famiglia Pausini di nuova generazione con Paolo Carta, il musicista compagno, e Paola, nata a febbraio. «I miei non mi hanno mai smesso di incoraggiare e sostenere e mi permettono di essere la compagna e la mamma che sono oggi. Ricordo quando mi sono sentita male a un concerto a Perugia l’anno scorso, tornata a casa la mamma mi ha detto per l’ennesima volta: vogliamo fare il test? E dopo poco la risposta: ero incinta». Una maternità voluta da tempo quella della Pausini «perché volevo fare vedere i paesaggi e sentire i sapori della mia terra a un figlio che sapevo sarebbe arrivato». I rotocalchi ci hanno romanzato sopra per mesi, anche se quasi sempre con un garbo che si riserva a un’autentica diva. «Nel periodo in cui non arrivavano figli, ho ricevuto tantissime lettere e messaggi di esperienze simili alla mia, c’è in Italia un mondo che non conosciamo fatto di persone genuine che cercano di diventare genitori».
La positività della gravidanza, dice lei, non le ha fatto cambiare gusti in tema musicale. Per questo la si ritrova ancora nella sfera dell’ottimismo anche in una canzone introspettiva, la nuova Dove Resto Solo Io, forse l’episodio più sentito del nuovo corso. Scritta con l’ormai fido Virginio Simonelli, bravo autore giovane, è la Solitudine 2.0, se possiamo azzardare. «Virginio la voleva chiamare Altrove, ma siccome non ricorre mai nel pezzo quella parola mi sono sentita in dovere di metterle un titolo che anche all’estero potessero cantare. Secondo me affronta la solitudine di una donna sotto un altro punto di vista rispetto a quando avevo 18 anni. È la solitudine delle mura domestiche, il rifugio con i tuoi cari, quando ci siamo solo io il mio compagno e mia figlia. È una solitudine piacevole».
Per il resto la veste musicale, che l’artista cura con inaspettata dedizione, spazia dalla salsa (con Marc Anthony su Non C’è) al latino (Alejandro Sanz in Vivimi «un pezzo importante della mia storia perché è nel disco che ha vinto il Grammy»). E poi il duetto che forse era da sempre nei sogni dei fan francesi, Laura Fabian che canta Je Chante/Io Canto: «Avevo da sempre ammirato la sua voce e le ho proposto di fare un duetto con me inizialmente su una versione francese de La Solitudine. Lei mi ha però riscritto un pezzo che era stravolto dal senso originario della canzone, su come la donna vede oggi la solitudine ho detto di no, non potevo. Si è quindi sbizzarrita su Io Canto, una canzone che aveva visto nel dvd di San Siro e che aveva già una versione francese di Cocciante. È questo quello che voglio insegnare a mia figlia: l’incontro tra linguaggi, culture, il dialogo. Sono troppo contenta di aver a che fare con tutte queste persone e artisti senza aver bisogno di un traduttore. Voglio che lei sia così».