È partita con Anna e i suoi Miracoli e quest’anno ci ha riprovato con Petali di Marta vincendo la scommessa. Cinzia Alibrandi, che di mestiere fa l’insegnante, è un caso editoriale italiano che incuriosisce e fornisce speranza a chi, tra talent show e manoscritti, cerca di sfondare in questo periodo con la letteratura.
I suo romanzi hanno sempre come protagoniste donne ambivalenti da interpretare. E superati gli “anta”, Cinzia dà al lettore una visione dell’universo femminile che è propria di chi è in pace con la vita ma non rifugge dalle analisi del proprio passato. E per questo ha scoperto di piacere ai propri affezionati. E poi, è lei stessa che si spiega così la fortunata seconda volta (Ensemble ha ristampato in queste settimane Petali di Marta): «La crisi ha attanagliato anche i consumi culturali ma per i libri stranamente resiste una volontà da parte dei fruitori di lasciarsi coinvolgere. Un grande scrittore italiano dice che il libro è un bene rifugio ed è vero, perché il mio costa 15 euro e un libro lo metti in libreria per tutta la vita, è una scelta mirata al cuore, può raccontare con delle parole una storia che non sei capaci di dire e lo puoi dedicare a chi vuoi. La cupezza ha spezzato la voglia di battere le ali dentro un sogno ma il libro sopperisce a questo».
Lo scrittore a cui allude l’Alibrandi è quell’Andre G. Pinketts che l’ha in qualche modo tenuta a battesimo, ideando il titolo del suo primo romanzo due anni fa (una scommessa ardua per un’esordiente senza background pubblico). «Con Pinketts questa volta ci siamo trovati sul titolo e ha anche accettato di farmi una nuova prefazione. Lui è uno dei miei padrini, come la straordinaria Agnes Spaak, una vera artista della fotografia che mi ha concesso una sua immagine per la copertina del libro».
Il talento di Cinzia è tutto da autodidatta e non bisogna lasciarsi condizionare dal name-dropping di questi compagni famosi. Tutte persone affermate nei loro campi che la scrittrice messinese (milanese d’adozione) ha coinvolto con pura passione senza essere stata segnalata da nessuno. Tanto che una volta letto il manoscritto è stato proprio il grande giallista milanese a definire il libro una raccolta di “segnali di vita amorosa sul pianeta Marta”, riferendosi alla travagliata storia della protagonista, che pagina dopo pagina scopre il segreto dell’esistenza che è infondo amare se stessi e sposare la vita, prima di cimentarsi nel rendez vous con l’altro da sé. Il libro, che verrà premiato a giugno alla 21esima edizione del Premio Sicilia, secondo l’autrice, è «un m’ama non m’ama della vita, racconta amori sfogliati, odorati, accarezzati, trattenuti, volati. Marta è una giovane che alza le pareti della sua vita mattone dopo mattone, e l’amore è un banco di prova dove far diventare adulto il corpo e provata la mente». Ma la forza della protagonista del racconto si manifesta anche con i no, come quello detto al fascinoso Stefano, prototipo del divo, l’attore famoso per cui l’amore equivale a sesso talmente scontato, accessibile e prevedibile, da risultare noioso; Marta è il suo primo difficile no, di una donna che lo ama senza convinzione e interesse, consegnandolo a un’ingestibile, perché mai provata, sofferenza.
Da cosa prende ispirazione il plot, molto vicino ai temi che riempiono i media oggi benché ambientato negli anni di piombo? «Osservo e mi piace confrontarmi sulle relazioni e sui sentimenti. Ovviamente questo libro è frutto anche di un’esperienza totalmente nuova che mi ha fatto costruire con quello precedente non solo una carriera parallela, ma anche un nuovo modo di conoscere persone». Cinzia ha infatti una pagina Facebook molto seguita dove i lettori fanno domande, attendono risposte, postano interpretazioni delle sue storie. «Quando faccio le presentazioni trovo tante persone che con passione mi si avvicinano e mi comunicano le loro impressioni su quello che hanno letto. Come sempre succede la cosa incredibile è che il figlio che partorisci vedi crescere, il libro nel mio caso, diventa grande e non è più tuo ma è del mondo. Il momento in cui acquisti un libro è il momento in cui quel libro diventa del lettore che ha diritto di amarlo o odiarlo. Per chi lo ha generato può essere un riscontro che fa male, guai se rimanessi in un consenso sterile. Amo la varietà dei pareri».
Alibrandi ha fatto anche una lunga esperienza in teatro, ben prima di approdare alla letteratura. E nel libro si sente, con Marta che è iscritta all’Accademia di arte drammatica, e quando le descrizioni partono dalle tavole del palcoscenico dei protagonisti e arrivano all’anima, e al contrario. «Per questo – dice – credo che sia molto pertinente che il patron del Film Festival di Asti, Riccardo Costa, abbia accettato di introdurmi nella serata del 13 dicembre, si sono accorti che anche un libro è un modo per descrivere lo spettacolo ed è la prima volta che incorporano una presentazione nel calendario dell’evento».
Le altre presentazioni (a Roma il 6 dicembre, stand Ensemble al Q12 ore 18 e il 7 dicembre a Les Affiches via S, Maria dell’Anima presentata da Walter Corda, autore di Mediaset) vedranno la Alibrandi anche in veste di ambasciatrice di moda. «Mi piace contaminare le arti e se posso essere un punto d’incontro tra talenti ben venga. I vestiti di questo tour me li ha forniti un attento stilista campano, Gerardo Orlando, che lavora solo con metodi sartoriali e con ispirazioni del tutto naturali, adatte a me».
La letteratura coniugata al gusto estetico è parte del successo della simpatica autrice: «Basta con questa immagine ingessata degli scrittori, bisogna avvicinarsi al gusto dei lettori, capire che c’è anche un’estetica e un modo di fare che ci proietta in ambienti più svecchiati. Anche i talent show in tv si avvicinano all’arte di scrivere e per me non ci può essere cosa migliore che incuriosire tutte le fasce di pubblico. Fare un libro è anche una prova di resistenza, è bello vederlo in tv».