L’Arena Del Sole/Nuova Scena Teatro Stabile di Bologna propone, al Teatro Mercadante, Il Cappotto di e con Vittorio Franceschi, tratto dall’omonimo racconto di Gogol’, per la regia di Alessandro D’Alatri (repliche fino a dom. 8 Dic.; 6 Dic. Ore 21.00, 4 e 5 ore 17.00, 7 ore 19.00, 8 ore 18.00). E’ la celebre storia del mite impiegato ministeriale Akàkij Akàkievic, la cui unica passione è il suo lavoro di copista, e che per far fronte al gelido inverno russo – siamo nella Pietroburgo di metà Ottocento -, spinto dai colleghi d’ufficio e dalla padrona di casa, decide di farsi confezionare dal sarto Grigòrij Petròvic un cappotto nuovo, simbolo di un’improbabile e velleitaria ascesa sociale. Di ritorno da una festa impostagli dai suoi cinici colleghi, assalito da balordi, viene derubato proprio di quel feticcio nel quale aveva riposto tutte le sue speranze e i suoi risparmi, terminando i suoi giorni in delirio.
Non è certo la prima trasposizione teatrale o cinematografica di questo capolavoro della letteratura (chi non ricorda il film di Lattuada del ’52 con un magnifico Rascel?), ma questa versione di Franceschi ci appare particolarmente nuova e convincente per diversi aspetti. A cominciare dai dialoghi, quasi del tutto assenti nell’opera letteraria, che qui ben rappresentano i personaggi e le dinamiche drammatiche del racconto. C’è poi la scelta – a nostro avviso giusta – di non attualizzare l’opera, ma di lasciarla nella sua ambientazione originaria, perché i classici sono di per sé sempre attuali, come ricorda lo stesso Franceschi. L’unico “tradimento” del testo originale è l’eliminazione dell’appendice in cui Akàkij compare come fantasma, «perché – spiega ancora Franceschi – il doppio finale non funziona in teatro».
La regia di D’Alatri dipana la storia in uno stile sostanzialmente brechtiano, dove i personaggi si presentano direttamente al pubblico e dove tutto accade senza soluzione spazio-temporale, donando allo spettacolo un ritmo sostenuto e un taglio da piano-sequenza cinematografico. Merito anche delle belle scene di Matteo Soltanto che torna all’uso dei luoghi deputati, e dell’affascinante disegno luci di Paolo Mazzi che, coi contrasti luci calde/luci fredde, frontali/controluce, crea – di volta in volta – le ambientazioni interne/esterne, reali/oniriche. Le poetiche atmosfere sono ricreate anche dagli eleganti costumi di Elena Dal Pozzo e – soprattutto – dalle struggenti note di Germano Mazzocchetti. Quanto agli interpreti, Vittorio Franceschi sa restituire al suo personaggio il giusto candore, raccontandolo con ironia ma senza mai porsi al di sopra di esso; Umberto Bortolani, Marina Pitta e Federica Fabiani caratterizzano in maniera misurata ed appropriata, rispettivamente, il sarto, sua moglie e la padrona di casa. Tutti bravi gli altri interpreti tra cui è da menzionare Alessio Genchi che, nel ruolo del mercante di stoffe, dona una vera chicca allo spettacolo. Spettacolo educato, ironico, commovente. Come il suo protagonista.
Da vedere.