Fino a domenica in scena al Teatro di Costanzo Mattiello di Pompei l’eclettico Massimo Ranieri e la compagnia gli Ipocriti in Viviani Varietà. Un calembour di poesie, prosa e musica dell’indimenticabile autore stabiese dei primi del novecento. Lo spettacolo racconta di quando Viviani negli anni ’30 solcò l’oceano con la sua compagnia di teatro di prosa dialettale (fondata nel 1917 e diretta personalmente da lui fino al 1945) per giungere nelle Americhe ed esibirsi per quel pubblico di emigranti che agli inizi del secolo aveva lasciato Napoli sui bastimenti che partivano dal molo di Santa Lucia. Il napoletano che si ascolta nelle canzoni proposte, ormai quasi sconosciute al grande pubblico, è così veloce e stretto da far sentire il bisogno al regista dello spettacolo, Maurizio Scaparro, di proiettare in video dei sovratitoli per la traduzione dei testi. Convincono tutti gli attori in scena sopratutto l’ormai celebre Ernesto Lama che ha affiancato Ranieri anche nelle commedie del repertorio eduardiano andate in onda in Rai l’anno scorso. Di Ranieri in versione Viviani capocomico, a parte l’essere istrionico dell’artista, convince la totale identificazione con la vita dell’autore che da autodidatta si era fatto strada attraverso la più cupa miseria e disperazione. Quello che Viviani racconta non è un popolo piccolo borghese di matrice scarpettiana, ma è un popolo di scugnizzi, di spazzini, di guappi, di prostitute, di ladri, di miseri vagabondi, di venditori ambulanti, di vicoli, di rioni e di quartieri napoletani degradanti, dove si vive un’esistenza faticosa e penosa, di indigenza e di emarginazione. I suoi personaggi hanno una vena crudelmente neorealistica e una comicità e un’ironia ricche di tragico sentimentalismo. Quello che commuove dunque è vedere Massimo che mentre racconta il bambino Viviani racconta se stesso e la sua lunga carriera/vita fatta di sacrifici e rinunce per uscire dalla miseria dell’infanzia al suo attuale successo di pubblico.
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