Si ride molto e si mastica amaro, ed è lo spunto per una critica pungente e corrosiva alla piccola borghesia di inizio Novecento che ancora oggi si rispecchia nelle quotidiane abitudini della nostra classe media. Le Nozze Dei Piccolo Borghesi di Bertolt Brecht per la regia di regia Corrado d’Elia (in scena al Teatro Libero di Milano dal 12 al 31 dicembre) è uno spettacolo che riflette in maniera divertente su abitudini, costumi e difetti che sono anche i nostri.
Le nozze dei piccolo borghesi è stato, ormai tanti anni fa, il primo allestimento della Compagnia. Era il gennaio del 1997 e il regista Corrado d’Elia – con buona intuizione – decideva di formare un nuovo gruppo, una nuova compagnia, con cui iniziare un percorso di studio e raccontare un modo diverso di fare teatro. Serviva dunque un allestimento corale, con tanti attori, che potesse prestarsi alle idee già allora visionarie di d’Elia, i fermo immagine, le accelerazioni, i rapidi flash-forward cinematografici. Ecco allora che, in una piccola sala prove in zona Paolo Sarpi a Milano, nasceva l’allestimento de Le nozze dei piccolo borghesi.
Sono passati da allora tanti anni e la Compagnia, passando per fortunate produzioni, è oggi tra le compagnie teatrali italiane più attive ed apprezzate, seguite con calore ed entusiasmo in tutta Italia da un pubblico partecipe ed affezionato.
Lo spettacolo prende spunto da una divertente farsa giovanile di Bertolt Brecht.
Nove personaggi, impegnati in un pranzo di nozze, accompagnati dal ritmato incedere delle portate, ci mostrano, complici il vino e l’euforia del ballo, piccanti retroscena e vergognose ipocrisie familiari, mentre tutto intorno l’arredamento, fatto a mano dallo sposo, cade progressivamente a pezzi.
La forte tensione alla rivolta, che accompagnerà tutti gli scritti di Brecht, è qui già presente per svelare le ridicole vanità dei piccolo borghesi, la loro superficialità e il perverso gioco delle false apparenze sociali.
La regia, essenziale e ironica, dà voce all’umorismo e all’imbarazzo sottile, che siede indiscreto tra gli invitati, in una storia dai toni impietosamente grotteschi.
Le azioni sembrano pilotate da un demiurgo sconosciuto. Gli attori diventano di volta in volta burattini, personaggi, spettatori, muovendosi in un luogo sospeso, prigionieri delle proprie relazioni e delle proprie finzioni.