Dopo il successo de “Il Vantone” per la stagione 2012/13, Arturo Cirillo torna al Mercadante con La Purga, pochade di Feydeau, da lui interpretata e diretta, prodotta dallo Stabile delle Marche (repliche fino a dom. 15 Dic.; per gli orari consultare teatrostabilenapoli).
Industriale, produttore di gabinetti, deve convincere un funzionario del Ministero della Guerra ad affidargli una commessa di vasi da notte per l’esercito, pretendendo di dimostrare l’indistruttibilità delle proprie ceramiche. Ma una moglie tirannica, un figlio viziato e alle prese con problemi intestinali e con una purga che non vuole assolutamente mandar giù e una cameriera sciocca gli renderanno il compito ben difficile.
Chi ricordi le comiche prodezze della versione pasoliniana del Miles plautino, resterà forse deluso dalla inconsistenza di questa pièce. Anche se trasportata negli anni Sessanta del secolo scorso – come suggeriscono le scene di Dario Gessati e i costumi di Gianluca Falaschi -, in cui un certo esasperato perbenismo ottocentesco ancora pervadeva la società borghese, essa non va oltre la spicciola comicità determinata dalla situazione paradossale (produttore di gabinetti con figlio stitico – ah, ah, ah!) e dalle imbarazzanti (dis)funzioni corporali che dai tempi di Aristofane, passando per la Commedia dell’Arte, per arrivare a Zelig, hanno divertito e divertono un pubblico di poche pretese. Eppure, a fronte di un testo che non è assolutamente all’altezza del miglior Feydeau (quello al quale Eduardo Scarpetta -padre dei De Filippo- attingeva a piene mani per ricreare il mondo borghese napoletano di Felice Sciosciammocca), l’interpretazione, il mestiere, il ritmo e i tempi comici di Cirillo e della sua collaudata compagnia – tra cui spicca la vulcanica Sabrina Scuccimarra nel ruolo della moglie – rendono lo spettacolo godibile. A patto che non vi si cerchi altro che puro intrattenimento. Come dice lo stesso Cirillo: «Diversamente dal Falstaff verdiano, dove tutti sono alla fine gabbati, qui son tutti purgati. Lo sporco che abbiamo dentro ha la meglio su quel che mostriamo fuori. Il corpo rivendica il suo monotono e circolare movimento biologico, come la porcellana rivendica la sua natura distruttibile».
Catartico.