Erano quasi le 23.00 del 4 ottobre 1957, quando Radio Mosca annunciò che l’Unione Sovietica aveva lanciato in orbita il primo satellite artificiale: Sputnik 1 brillava nel cielo inseguito dai telescopi di tutto il mondo.
Ricordiamo che lo Sputnik, il cui nome significa ‘satellite’, era stato lanciato in occasione dell’Anno Geofisico Internazionale da quella che oggi è la base russa di Baikonur, nel Kazakhstan, che all’apoca era un luogo assolutamente segreto. A portarlo in orbita era stato un razzo R-7, derivato dal primo missile balistico intercontinentale. Il satellite era una sfera lucida di metallo dal diametro di 58,42 centimetri e pesante 83,46 chilogrammi, con quattro lunghe antenne orientate nella stessa direzione. All’interno funzionavano due radiotrasmettitori della potenza di un Watt. I segnali che emetteva, della durata di 0,3 secondi, permettevano di studiare la densità dello strato più alto dell’atmosfera, la ionosfera. Una volta raggiunta l’orbita stabilita, a 250 chilometri dalla superficie terrestre, lo Sputnik 1 funzionò per 22 giorni consecutivi. I suoi ‘bip’ cessarono il 26 ottobre 1957 e il 4 gennaio 1958 iniziò ad abbassarsi verso la Terra, fino a bruciare nell’impatto con l’atmosfera.
Iniziava così, 60 anni fa, l’era spaziale in uno scenario molto diverso da quello attuale, in cui oggi lo spazio significa soprattutto cooperazione e astronauti russi, europei, americani e giapponesi vivono e lavorano sulla Stazione Spaziale Internazionale.